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Mosso da questo nobile desiderio, il Calzatosi scrisse a Vienna i melodrammi l'Alceste, il Paride ed Elena e l'Orfeo, e il Gluck, perfettamente d’accordo con esso, intese a musicarli. Or dunque si noti che se la forte intelligenza di un alemanno compositore potò concepire la possibilità di alzare l’Opera in musica in un orizzonte di idee tutto nuovo e più splendido, a questo grande progresso di una forma dell’arte d’origine interamente italiana contribuì in molta parte anche il genio poetico dell’Italia che nel celebre amico e nel sagace critico di Alfieri non ebbe di certo un oscuro interprete. Meno ricchi di poesia dei melodrammi del Metastasio ma più felicemente combinati per la musica, i poemi del Calzabigi offrono delle situazioni tragiche del più grande effetto. E per vero ove trovare scene più acconcio alle ispirazioni di un compositore filosofo di quelle bellissime in cui Alceste consulta l’oracolo sulla sorte del suo sposo, e udito che solo col perire per esso ei sarà salvo, mossa da eroico affetto si propone di compire volontaria il magnanimo sagrifizio? Ove trovare un punto drammatico nel quale al maggior segno sia recato il contrasto dell’amore e del dolore come nella scena in cui Admeto, vedendo la sposa in preda a mortale mestizia, insiste per scoprirne la segreta cagione, e la tenera Alceste, che già si votò per lui ai mani infernali, si sforza a nascondergliela onde egli non abbia ad opporsi al grande suo atto? Ma anche a giudizio del sig. Fétis, nulla vi ha che in tal genere di poesia musicale possa reggere al confronto del magnifico quadro che offre il secondo atto dell’Orfeo. «Egli è appunto in questa seconda parte, dice il sullodato critico, che Gluck poggiò al maggior grado di sublimità cui giugnesse mai! El solo udire il primo motivo, lo spettatore già presente tutto l’effetto della scena che si svolgerà dinnanzi a lui. La perfetta gradazione osservata nelle sensazioni dei cori di demonii, la novità delle forme, e soprattutto la dolcezza ammirabile che domina in tutto il canto d’Orfeo, formano di questa scena un capolavoro che resisterà a tutti i capricci della moda e che sarà sempre considerato come una delle più belle produzioni del genio (1)». Ora per conto nostro vogliamo far osservare con quale sceltezza e sobrietà di mezzi sia in questo pezzo vivamente tratteggiato il carattere della scena in cui-si mescono e si alternano il patetico e il terribile. L’istromentazione robusta senza essere romorosa, energica senza abuso dei naturali effetti dell’orchestra, è pittoresca per eccellenza. Un non so che di truce e di selvaggio spira dall’insieme de’ cori delle furie e dalia musica delle loro danze infernali, di mezzo al qual cupo fragore si espande e si distacca con lieve e trasparente ricamo di note il soave e pietoso canto di Orfeo Sulle prime i demonii, cui egli supplica a volergli concedere il passo nell’Èrebo per trarne la moglie, gli si oppongono, ed è mirabile 1 effetto di quel ferale No ripetuto con tetra ostinatezza a interrompere i patetici accenti del supplicante; ma poi a poco a poco le patetiche melodie dello sposo di Euridice scuotono perfino quegli animi inesorati: il fragore ad arte irrequieto e in-

(1) Veggasi il pezzo che si unisce in partizione e che forma il N. 2 della nostra Antologia Classica Musicale.

sistente dei ritornelli stromentali si viene sedando; i latrati di Cerbero, espressi da un gruppo di note de’ violini e delle viole gittati ad una sola arcata, si tacciono. E vinta la lotta tra la natura infernale e il divino genio del canto; si aprono stridendo le porte degli abissi, cessa l’agitarsi minaccioso delle furie e pare quasi che coi movimenti più tranquilli della musica e coi meno aspri contrasti delle dissonanze armoniche abbia voluto il compositore esprimere quella interna soddisfazione che prova lo spettatore al vedere esaudite le pietose istanze del tracio cantore, e dipingere il gradato ritorno del silenzio letale che dominar deve nel soggiorno delle ombre. Questa aria con cori dell’Orfeo di Gluck per semplicità di fattura e grandiosità di concetto e forza di ispirazione è mirabile come una delle più belle scene di Sofocle, di Euripide o di Alfieri, come una delle più ispirate tele di Raffaello, come una pagina de' Martiri di Chateaubriand, come un Inno sacro di Manzoni! Felice la penna del critico, allorachè si incontra in simili temi! G. Battaglia.


TEODOSIO DHÖLER

Seconda accademia data nel Ridotto dellI. R. Teatro della Scala, la mattina del 20 corrente. Per comune consentimento in Italia, Francia ed Inghilterra Teodoro Dholer vien annoverato nel rango delle pianistiche sommità dell’epoca. Senza un merito trascendente non puossi aspirare ad un tanto onore. In fatto questo artista sommamente distinguesi tanto pel talento di esecuzione, quanto per le sue composizioni. E una doppia gloria che offre da registrarsi ne’ nostri fasti musico-stromentali. Egli al pianoforte non affetta alcuna di quelle attitudini preparate, alcuni di quei gesti di apparato, per cui non pochi concertisti dalla moltitudine l’ansi segnare a dito; con semplicità e senza affettazione, ponsi al prediletto istromento. Nelle prime battute sarebbesi quasi tentati supporre in lui una certa timidezza, ma poscia a poco a poco la sua esecuzione diviene animata, agile, energica, pomposa. Tratto tratto dimostra di saper cantare con soavità ed espressione, di cui ne sia una convincente prova l’elegante ed affettuosa maniera colla quale toccò il tema dellAnna Balena; in complesso però, come la maggior parte de’ pianisti-compositori, lasciasi predominare dalla smania di sorprendere, e ad un tale scopo sagrifica qualche volta la finitezza e la chiarezza, per sfoggiare di precipitose immani difficoltà di maneggio, in cui senza contrasto è veramente straordinario; di esse abbiamo già accennato nel N. A di questa Gazzetta. Come autore poi a noi sembra possa andar del paro de’ giovani suoi rivali, ma tanto a lui come agli altri, eccettuatone Chopin che batte una via meno popolare, ma assai più utile per l’arte, resta ancora un bello spazio a percorrere prima di raggiungere un’alta meta. Noi non professiamo molta stima pel genere a cui Listz e Tlialberg e loro imitatori di preferenza si sono esercitati: le fantasie, i capricci e le variazioni sopra temi favoriti sono sempre da considerarsi siccome un Melodramma per un’Operetta in musica composto dietro un poema. In tali pezzi non può esservi vera creazione e dove manca il fuoco ravvivatore dell’inventiva, che cosa è mai la musica?... Frattanto, astrazion fatta dal futile genere a cui appartengono, abbiansi le dovute lodi la Fantasia sull’Anna Bolena ed il Capriccio su M’Assedio di Corinto, insieme cogli eccellenti studii da Dholer meravigliosamente eseguiti nella mattina del 20 corrente. — La brillante fantasia, sulla melodica cavatina di Donizetti si apre con una magnifica introduzione, nella seconda pagina della quale la mano sinistra sola intuona un cantabile accompagnato da accordi, producenti l’effetto di uno squarcio a quattro mani; la terza variazione è pure assai notevole. - Al diffìcile capriccio sull’introduzione dell’Assedio di Corinto, senza dubbio si compete un ragguardevole posto fra le recenti composizioni da concerto; è di uno stile grandioso e degno de’ superbi concepimenti rossiniani su cui è basato. - Gli studii N. 9 ed ultimo della raccolta da Dholer dedicata a Berlioz, sono due differenti perle musicali di moltissimo valore. L’ultimo allegro a tempo ordinario in fa diesis interrotto da un andante grazioso a 6 e 8, indipendentemente dalle qualità scolastiche per cui denominasi anche trillo, serve assai bene di preparazione alla cadenza e di esercizio per incrocicchiare le braccia e per assicurarsi nei salti. Ommetteremo di parlare della riduzione dell’andante della Sonnambula, dell’esecuzione del finale della Lucia trascritto da Liszt, e della marcia ungarese: Dholer, sopprimendoli, sarebbesi risparmiato un’eccessiva e troppo prolungata fatica. Abbiamo riservato per ultimo il famoso set limino di Hummel, opera sublime per inspirazione e per scienza, che dir potrebbesi la più bella epopea della musica concertata per pianoforte ed altri istromenti. Se le produzioni colle quali i giovani pianisti moderni meravigliano l’Europa non si allontanassero di troppo dalle forme di questo classico capolavoro, ora tanto non si deplorerebbe il decadimento dell’arte in riguardo alla ragionata musica per pianoforte! Dholer nell'interpretare il primo tempo del settimi no, mostrò altrettanto di bravura, che ili buon gusto c sentire, e noi siamo stati trasportati in un incantevole estasi; ma nel finale, forse per motivi a lui estranei, non abbiamo potuto ammirare che la velocità nel trascorrere da un passo all’altro. Nel Ridotto della Scala il sommo pianista italiano piacque molto più che nella prima sua accademia al teatro, e ne’ singoli pezzi di sua composizione suscitò un indicibile entusiasmo nell’uditorio, composto dal fiore della società e del dilettantismo milanese. Per aderire al desiderio di molli. Dholer prima della sua partenza per Vienna annunziò una terza ed ultima accademia (1). C. (1) Questa ultima accademia ebbe in fatti luogo giovedì sera nell’I. R. Teatro alla Scala. Dholer in varj pezzi rinnovò le prestigiose sue prove sul pianoforte, c dovette replicare il bel divertimento sulla Saffo! - Il violinista Bazzini, felicemente espresse i canti dell’aria finale della Lucia, di cui gli uditori chiesero la replica, invece della quale i due valenti suonatori comparvero ad eseguire insieme il duo di Benedict e Beriot sulla Sonnambula, che fu meno applaudito dell’altro sulla Norma.


RASSEGNA MELODRAMMATICA

L'ODALINA del maestro NINI, il BELISARIO di DONIZETTI, ec., ec. (1)

Cominciamo con un complimento: la nuova Opera del maestro Nini è sparsa di buoni pensieri melodici se non in tutto peregrini, svolti però con sufficiente garbo. Ma certo (1) I. R. Teatro alla Scala, le sere del 19 a 22 febbraio, 1S42.