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SUPPLEMENTO AL N.8 DELLA GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 20 Febbrajo 1842.


procurarono a poco a poco alcun vantaggio all’arte, assegnando confini al ritmo, regola al tempo, naturale andamento di gradi all’armonia. Questi furono Lodovico Viadana, e Jacopo Carissimi romani. Il primo coll'invenzione del basso continuo regolò meglio l’armonica tessitura delle sacre composizioni a ripieno; il secondo, esercitandosi in musica di teatro, diede maggior vivacità e grazia ai recitativi riducendoli a meritarsi l’attenzione e l’interesse degli spettatori. Ma un passo veramente segnalato di progresso diede la musica per opera di Giambattista Lulli fiorentino, il quale ito in Francia nella sua prima età, essendo fornito di grande ingegno, da quanto aveano di meglio operato lì Viadana ed il Carissimi si formò una maniera originale da oscurarne ogni altro anteriore esemplare. Il Lulli, come che fiorentino fosse, deve risguardarsi fra i compositori francesi, perchè in Francia fu nella musica educato, perchè ivi sempre visse, operò, e mori, perchè le opere sue furono in lingua francese, e perchè finalmente in Italia non si cominciò a trattar degnamente l’armonia se non quando Luigi Rossi ed Arcangelo Corelli, tornati di Francia, non cominciarono a mettere in opera la maniera che appresa avevano dal Lulli. Questa maniera fu quella che poscia aperse ai due grandi maestri Durante e Tartini quel tesoro di armonia onde arricchirono le loro composizioni. Allora sorsero per tutte le città d’Italia maestri da potersi in quella età chiamare eccellenti. Il Cassati, il Melarti, il Segrenzi, il Colonna, Giacomo Antonio Bolognese, il Bassani, il Greco, l’Albinoni, e il Caldara furono stimati assai; e non meno di costoro il Bononcini, e il Sandoni. Ma i veri luminari di quell’età furono Alessandro Scarlatti, Nicolò Porpora, il Vinci e l’ancora venerato Giovanni Pergolesi. Pareva che all’eccellenza di questi maestri, e specialmente di quest’ultimo nulla avesse l’arte da potere aggiugnere; e di vero l’arte di que’ tempi non poteva meglio essere trattata; anzi in un certo far naturale, filosofico e. dotto, il Pergolesi non è stato poscia da maestro nessuno trapassato giammai. Intorno a questo musico eccellente ecco come si esprime l’Arteaga (1). «Pergolesi, il gran Pergolesi, divenne inimitabile per la semplicità accoppiata alla ”grandezza del suo stile, per la verità dell’affetto, per la naturalezza e vigore della ” espressione, per l’aggiustatezza ed unità» del disegno, onde vien meritamente chiamato il Raffaello, e il ”Virgilio della musica. Simile al primo egli non ebbe altra guida che la natura, nè altro scopo che ”di rappresentarla al vivo. Simile al secondo ei maneggiò con felicità incomparabile i diversi stili de’ quali si ”fa uso nella musica, mostrandosi grave, maestoso, sublime nello Stabat Mater, vivo, ” impetuoso, e tragico nell’Olimpiade, e ”nell’Orfeo, grazioso, vario, e piccante, ”elegante, e regolato nella Serva Padrona, ” la quale ebbe il merito singolare, rapp-

(1)Rivoluzioni del teatro musicale italiano tom. I. pag.250

” presentata, che fu la prima volta a Parigi, di cagionare una inaspettata rivoluzione negli orecchi de’ francesi troppo restii in favore della musica italiana. Niuno ” meglio di lui ha saputo ottenere i fini che ” dee proporsi un compositore: rtiuno ha ” fatto miglior uso del contrappunto ove ” l’uopo lo richiedeva: niuno lia dato più ” calore, più vita ai duetti, parte cosi interessante della musica teatrale. Di che ” possono far fede l’inimitabile addio dì ” Megacle e di Aristea nell’Olimpiade, e» il lo conosco a quegli occhietti della ” Serva Padrona, modelli entrambi di gusto il più perfetto cui possa arrivarsi in ” codesto genere. Egli in somma portò la ” melodia teatrale al maggior grado di eccellenza a cui sia stata finora portata». Onde noi possiamo inferire che se molte scoperte, molti aiuti stromentali, le modificazioni necessarie alla poesia por accoppiarsi alla musica, e la forza di genii nostrali e oltramontani oltre ogni credere potentissimi non fossero seguili dappoi, ora non pure il Pergolesi s’avrebbe in venerazione, ma eziandio gli altri suoi contemporanei sarebbero proposti ad esempio dell’ottimo melodrammatico. Allora furono dalla musica teatrale pressoché sbandite le fughe, i canoni, le imitazioni continue che tanto nocciono al vero drammatico. Si incominciò a rendere senso musicale per senso poetico, conservando nel medesimo tempo l’unità del pensiero melodico fondamento d’ogni bello nella musica. Quanto alle ulteriori vicende musicali, noi ci proponiamo trattarne in altro articolo che a questo faremo seguire ove storicamente, e comparativamente sarà dato conto della musica e poesia drammatica in Italia dall’epoca d’èì Pergolesi all’anno 1800.

C. M.



CARTEGGIO

Sig. Estensore stimatiss.° Come prima lessi il manifesto di questa vostra Gazzetta Musicala ebbi a lodar grandemente lo scopo che riproponevate di richiamare la musica italiana a quella gravità di artistiche speculazioni che ponilo maggiormente illustrarla, e delle quali poco si è Un ora curata. Lessi i primi numeri, e vedendo che a buone fondamenta si raccomandava l’edificio, e che si stabilivano le più opportune massime dirigenti allo scopo prefìsso, non tardai ponto ad associarmi ad un giornale che poteva non solo darmi dilettevole lettura, ma procurarmi ancora erudite cognizioni, ottime massime, e savii principii intorno all’arte che io professo. Soprattutto alla costante uniformità de’ giudizii recati da questa vostra Gazzetta io dava tanto d’importanza, che io era divenuto uno de’ vostri più caldi sostenitori. Quando un amico mio ( che non io è però delle mie massime in fatto di musica ) col quale io era sempre alle mani sul proposito del vostro giornale, l’altro giorno scontrandomi, non senza piglio di beffarmi, disse: «Buon prò vi facciano ie salde massime, i costanti giudizii, e le inconcusse dottrine di quella vosti a Gazzetta musicale. Leggetene il N ‘l in un arti colo di osservazioni sopra una lettera del signor Fétis «sul proposito di un certo paragone supposto da quel «dotto francese fra Rossini e Bellini. L’autore di quell’articolo conchiude dando un vanto incontrastabile a «Rossini sopra il preteso emulo Catanese. Leggete quindi l’articolo dei signor C. Mellini inserito al N. 5 ove «Bellini è posto almeno a trenta gradi di celebrità artistica sopra Rossini. Non è questa una contraddizione «madornale? Or pensale se sono tanto da lodare, come «fate voi, que’ signori collaboratori per la consenta* neità de’ loro principii e per la costanza delle massime loro?» Io non io lasciai finire il suo ragionamento, cercai subito i due numeri della Gazzetta, e ietto che ebbi con attenzione, vidi che il mio amico aveva esagerato tacciandovi di modernale contraddizione-, mi rimasero però dei dubbii intorno a quanto in proposito di Bellini dice il signor C. Mellini nel suo articolo, dei quali prego i redattori della Gazzetta a volere essere compiacenti ili chiarirmi, perchè io possa convincere di errore Lamico, al quale temo di essere costretto a dar ragione, stando all’impressione clic a me fa il mero senso degli articoli suddetti. Ho il piacere ecc. RISPOSTA BELLA GAZZETTA MUSICALE. La Gazzetta musicale credeva di essersi convenientemente sdebitata quando nel dar luogo all’articolo del signor C. Meilini inserito nel N. 5 si espresse in una nota, che tranne alcune parziali opinioni nelle quali non consentirà pienamente, quclVarlìcolo era a sufficienza conforme ai principii di critica da lei adottati. Ma perchè ella pur ci richiede ulteriore schiarimento, noi 10 facciamo di buon grado, e siamo apparecchiati di compiacerne chiunque altro ei movesse simili dubbii. Sappia adunque che una di quelle parziali opinioni del signor Meilini nelle quali pienamente non consentiamo è appunto quella rii considerare il Guglielmo Teli di Rossini semplicemente un’Opera di ùn genere grave quasi alemanno, magistrale e solenne, meglio accetto generalmente ai dotti professori che alla moltitudine, e cosi, quasi poco curando questo (per nostro avviso) grande capolavoro d’ogni hello drammatico e musicale, fermarsi a discutere di proposito le altre maniere di Rossini rilevandone i difetti, e prorompere in line esclamando che solo per opera di Bellini la musica incominciò ad essere un dramma, e un dramma fu musica. In questo, 11 ripetiamo, non siam pienamente d’accordo col signor Meilini. Del resto poi preghiamo V. S. ad aver la bontà di tornar sopra i due articoli della Gazzetta del N. 2, c N. 5, e vedrà clic nel primo si taccia d’insussistente il paragone supposto dai signor Fèlis fra Rossini e Bellini, e die nel secondo il signor Meliini non tocca punto la ridicola quislionc d’insti taire questo paragone. Se il suo amico, leggendo, lui trovato che la Gazzella non solo si è occupata di questo paragone, ma anzi si sia discutendolo contraddetta, ella, leggendogli gli articoli suddetti, io potrà agevolmente convincere. Quanto poi ai dubbii che a lei sono rimasti, oltre alla nota (die forse le sarà sfuggila) chiamata in testa all’articolo del signor Meilini, valgale quanto qui le abbiam dichiarato in risposta alla sua lettera, e si accerti che nessun rimorso ci resta di essere caduti in alcuna contraddizione sulle nostre massime di critica, e sui nostri fondamentali principii. E qui ella ci permetta di replicare ciò die abbiamo detto altrove, e il cui senso qualche nostro benevolo volle svisare «Dei tardi fogli che Ira noi si occupano del vasto movimento teatrale, neppur un solo è dedicato di proposito alle musicali disquisizioni, ecc.». La nostra Gazzetta fu veramente la prima clic in questa parte d’Italia si dedicasse a tale nobile ufficio. A lei poi, gcut. signore, siamo grati che ci abbia offerta occasione di persuaderci che vi ha qualche lettore del nostro foglio il quale non si limita ad occuparsi in osservare se sia esso più o meno gaio, spiritoso e sollazzevole o abbondante di bugie critico-teatrali, ma se veramente miri concorde nelle opinioni e nelle teorie allo scopo clic si è proposto. Abbiamo Vonore e I. K. €®SrgER’¥ArB’©MS© Eèperitnentl privati. Nell’uscire una delle sere dell’ora passato carnevale dal palazzo del nostro I. IL Conservatorio, ove avevamo assistito alla prima recita di una molto graziosa Operetta semiseria (l) offerta come saggio da que’ valenti allievi, facevamo fra noi la singolare osservazione die ben più di frequente l’ingenua e schietta interpretazione delle arti si riscontra ià dove con meno di pretesa elle sì onorano di un culto sincero e modesto, che non in que’ luoghi ne’ quali la vanità e lo spirito di speculazione sembrano fare a gara a circondarle di maggiore ostentala pompa. Ivi non imponente apparato di trasformazioni sceniche, nò lusso abharhagliante di vestiarii, nè vasta orchestra, nè turba di colie di comparse, ecc. In vece di tutto ciò una musica scritta senza pretesa, facile, ingenua, sufficientemente corretta, non ricca di nuovi pensieri c forme, ma pur dettata con gusto; un’esecuzione accurata ne! tult’insieme; animata, elegante, geniale nelle parti prolagoniste; per dir tutto in poco: il melodramma Un giorno di nozze qual fu prodotto sul piccolo teatro del Conservatorio in queste or passate sere ci fece sempre più persuasi che a ben interpretare il bello della musica, ed anco a supplire ove questo bello è in iscarsa quantità, vi ha qualche cosa clic vale assai più di tutto che noi chiameremmo mcsticrismo, ed è quella schietta ispirazione, quel naturale amor dell’arte, quella freschezza di sentire che non trova esca se non se in cuori ancora non guasti dalle passioni estranee -alla parte veramente nobile dell’arte. (1) Musica degli alunni signori Bellini e Devastiti, poesia del signor F. Jannelti.