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rentino posta in musica da Giulio Caccini
e da Jacopo Peri. Il qual genere di componimento, come quello che dava luogo
alla musica di esprimersi con accenti di passione,
ottènne tanto favore che fece animo
ai predetti maestri sotto la direzione del
Rinuccini, e colla protezione e coll’opera
del Corsi, a dar mano ad altri componimenti
melodrammatici; onde coll'Euridice,
tragedia pastorale rappresentata alla presenza
di personaggi per dottrina e per
istato dei più ragguardevoli di quella età,
ottennero lode e plauso grandissimo. Nè
in questa solenne rappresentazione si pretermise
il magnifico corredo della scena, e
la ricca pompa d’ogni macchina atta alle
maravigliose trasformazioni favolose. Ma
non si pensi che quella musica avesse altra
forma di ritmo melodico che quella di
rendere in suoni di piano recitativo il contesto
poetico del componimento, perciocché
a quei dì non s’avea per anco notizia
di regola nessuna di tempo e di ballata
musicale, nè ancora l’arte si conosceva di
proporre, di svolgere e di risolvere un soggetto;
nel qual magistero poscia la musica
di tempo in tempo progredendo ha spiegato
tutto il prestigio delizioso della melodia,
e coll’aiuto dell’armonico apparecchio
e del corredo stromentale è salita ad eminente
grado di perfezionamento.
Gli storici musicali del passato secolo,
ragionando di que’ primi saggi melodrammatici,
ebbero a commendar grandemente
quell’antica semplicità della musica, che
per nessun modo veniva a ledere la poesia
ne’ suoi diritti, e lasciava libera c quasi
ignuda campeggiar la parola; anzi proponevano
quell’antico modo quasi modello
ai loro contemporanei lamentandosi pure
che non ne fosse fatto conto quanto si
dovea. Il qual fatto non ci sarà difficile a
spiegare solo che vogliamo por mente alla
lotta che fra la musica e la poesia incominciò
ad aver luogo sino dal momento in
cui con lodevole consiglio si vollero insieme
accoppiare. Certo quello fu un maritaggio
non meno singolare nella sua origine, che
difficile a consolidarsi in appresso, assegnando
a ciascuna delle parti il conveniente
diritto, acciocché l’insieme ne risultasse
ragionevole e gradito. Però pel corso
di due secoli e più il melodramma è stato
li ora straziato da’ poeti che componevano
drammi disadatti e mal verseggiati, ora manomesso
da’ compositori che storpiavano
il senso drammatico, talché la critica, che
presentiva pure come il perfezionamento
di questo genere per la sua incomparabile
bellezza avrebbe portato in certo modo
quasi un sollievo all’umanità, si scagliava
ora contro gli uni ora contro gli altri accusandoli
ingiustamente di non saper fare
quello che poteva solo essere l’opera di
ulteriori scoperte esperienze (1). Laonde
in quella penuria di mezzi che (comparativamente
all’epoche susseguenti) niuno sarà
per negare essere stata nella musica del
passato secolo, l’arte che volea pure innalzarsi,
trascorreva in fogge viziate e in manierismo
scorretto, tal che la critica contemporanea,
piuttosto che vedere il guasto
del melodramma, ne invocava l’antica semplicità
de’ primi tentativi.
Ma tornando alla storia, dico, che in
circa al medesimo tempo in cui furono dati
i primi melodrammi scrii fu rappresentata
(1) Quello che in questi parte abbiano operato i moderni con lode e con abuso è già stato discusso in parte in qualche articoli di questa Gazzetta, e lo sarà ancora in quelli clic a questo faremo seguire risguardanti la storia del melodramma ne’ tempi presenti. L'Èstens.
ancora la prima Opera buffa intitolata Anfiparnasso, poesia e musica di Orazio Vecchi modonese. Il soggetto è un guazzabuglio, i personaggi sono le antiche maschere ridicole del teatro italiano che parlano il loro dialetto: la musica è il peggio che poteva essere a que’ dì, né meriterebbe di essere ricordata se non fosse stata la prima di quel genere. Appresso s’andarono producendo altre Opere senza però frutto alcuno di miglioramento nell’arte, di guisa che da quella prima epoca ricordata venendo sino alla metà del secolo decimosettimo, i migliori esemplari furono quelli dei benemeriti fiorentini Rinuccini, Caccini e Peri. Non pertanto in Roma, in Bologna ed in Venezia fu mantenuto in onore questo genere di teatrale componimento, e recato a miglior foggia di rappresentazione per abbigliamenti scenici, e maraviglioso spettacolo di trasformazioni convenienti a soggetti che allora i più si amavano favolosi. Emilio de’ Cavalieri diede in Roma con sua musica una pastorale di madonna Laura Giudiccioni gentildonna lucchese, e Paolo Quagliati fece il somigliante di un’azione pomposa e di grande spettacolo che fu oltremodo ammirata: tanto che nell’anno 1608, per opera del Cardinal Deli, e di Giulio Strozzi, fu in quella città instituita l’accademia degli Ordinati diretta singolarmente a promovere e favorire la cultura e l’avanzamento del melodramma. Anche prima di questi tempi era stata in Bologna fondata 1 accademia de’ filarmonici da un nobile de’ Carati, la quale tino da’ suoi principii mostrò di dover riuscire scuola di gran progresso, come poscia si sperimentò con sempre crescente splendore di quella sino a tutto il {lassato secolo. Ma negli ultimi rivolgimenti del gusto musicale, che hanno poscia prodotto 1 attuale stato fiorente dell'arte, questa scuola, tenera delle antiche massime contrappuntistiche che un tempo le diedero nome e fama, a quelle religiosamente attenendosi, come se nessuna redenzione da esse in fuori vi potesse essere, si è arrenata in quel vieto calcolo quasi algebrico; di modo che i genii, che da lei nel secol nostro sono usciti, tanto più celebri ed ammirati si sono resi nel mondo quanto più dalle massime della loro scuola si sono operando allontanati. Peccato è che questo ipocritismo musicale in quella scuola continui anche oggidì, e non vi dia una scossa chi. preposto colà all'istruzione de’ giovani nella musica, coll’autorità del suo artistico sapere sovrano e della sua fama più che europea agevolmente il potrebbe. L’anno 1601 si produsse in Bologna per primo melodramma l'Euridice del Caccini e Peri, la quale vi ebbe tanto favore che le rappresentazioni di quel genere furono poscia senza interrompimento alcuno continuate in quella città fino a’ giorni nostri. Similmente in Venezia Claudio Monteverde, maestro di quella repubblica, circa ai medesimi tempi introdusse il melodramma; e la prima Opera che ivi si rappresentò nel teatro di S. Cassiano fu l'Andromeda poesia e musica di Benedetto Ferrari. Questa città fu poscia la sede ove il melodramma ebbe più splendide e magnifiche rappresentazioni. Dopo questi principii il melodramma venne in tanto favore presso gli italiani che le città tutte ne vollero gustare le rappresentazioni, di maniera che, itane fama e relazioni oltremonti, i francesi pei primi, che fino allora non avevano idea d’altra musica italiana che di quella di messer Alberto, fiorentino, chiamato alla corte ai tempi di Francesco I, e di quella degli altri maestri italiani che vi furono sotto le regine Caterina e Maria de’ Medici, si adoperarono a far venire d’Italia buon numero di musici, e il primo melodramma che nel teatro Borbone si rappresentò fu la Finta Pazza del Sacrali con poesia di Giulio Strozzi. Questo addivenne in Francia sotto Luigi XIV, per consiglio e per opera del Cardinal Mazzarini, e fu incirca l’anno 1646. Appresso si diedero altre Opere con successo di gran plauso, onde in Inghilterra, in Germania, ed in Ispagna fu desiderato ed accolto con singolar diletto il dramma italiano eseguito da’ musici italiani. Ma, tornando all’Italia, intorno a quest’epoca si vide il melodramma scadere dal1 antica bontà de’ suoi pruni saggi, e ne fu principal cagione la vaghezza che prese i popoli tutti di correr dietro al maraviglioso scenico, e all'apparato delle trasformazioni improvvise le più inopinate e strane, alle quali possa dar luogo la favola e l’arte maga. Questo prestigio del maraviglioso che abbagliava l’universale del pubblico ed in ispecie la classe degli idioti, questo prestigio potè allora sopraffare l’interesse specifico del dramma e il valor della musica da non essere per altro favorito ed accetto il melodramma che per vedere ad ogni poco cambiarsi la scena, e passare da’ giardini dell'Esperia all’Olimpo raggiante, e da questo al Tartaro profondo, alle caverne infuocate d’Abisso, e quinci agli spazii aerei ove fra le nubi olezzanti gli Dei ira loro dimesticamente ragionavano e decidevano del fato umano. Questo fu cagione che il melodramma alquanto traviò dal retto cammino di progresso, e se ne deve la colpa attribuire in parte a’ poeti, a’ compositori, ed al cattivo gusto del pubblico, e in parte alla necessità, alla sorte di tutte le umane cose che sottrarre non si possono a certe vicende, a certi inconvenienti che danno luogo alle riforme, e queste al progresso e perfezionamento delle arti. Per la qual cosa, noi che abbiamo un gran tratto veduto della vita coniugale della poesia colla musica, ed abbiam potuto sperimentare quali modificazioni nell’una si richiedevano e quali avanzamenti e scoperte nell'altra, possiamo leggermente spiegare questo decadimento del melodramma senza darne tutta la colpa a’ compositori ed a’ poeti. Per queste ragioni non solo decadde il melodramma in Italia verso la metà del secolo decimosettimo, ma divenne ancora il sollazzo quasi indecente della plebe. Perciocché i soggetti de’ drammi s’incominciarono a mescolare di tragico e di ridicolo, tutti i personaggi delle maschere in dialetto ebbero la loro parte fra i regi e gli eroi; e s’incominciò a plaudire a quelle sconciature melodrammatiche celebrandole come capolavori, e ridendone ai medesimo tempo pel ridicolo di cui erano piene. Giaciuto Andrea Ciccognini fiorentino fu uno di quelli che più furono celebrati in questo genere di stravaganti goffaggini, e il suo Giasone (opera eroica in cui oltre al Pantalone, Brighèlla ed Arlecchino ha parte ancora la sguajata e sciocchissima maschera del Tartaglia) fu al suo tempo avuto in conto di melodramma eccellente. Questo pessimo gusto continuò fino a quando alcuni compositori di musica sacra
Segue IL SUPPLEMENTO N. 3
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