Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu/35


- 29 -

GAZZETTA MUSICALE DI MILANO N. 8. DOMENICA 20 Febbrajo 1842. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia CLASSICA MUSICALE. La musique, par des inflexions vives, accentuées, et, pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations,et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.» J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta c nl1 Antologia, classica musicale è di Aust. lire 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l'estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. - Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. AVVERTIMENTO. Per poter dar luogo a’ molti importanti articoli, altri già comunicati, altri promessi dai signori collaboratori, quindi innanzi, oltre il foglio settimanale, si daranno ogni mese due supplementi, e ciò senza verun aumento nella spesa l'associazione. Col foglio di domenica ventura verrà pubblicata la già annunziata aria con cori dell’Orfeo di Gluck, e nel foglio stesso si leggerà una notizia biografico-critica riguardante questo sommo compositore e la grande riforma da lui ideata e compiuta nello stile melodrammatico. In oltre unita alla susseguente pubblicazione del giornale i signori associati riceveranno la tanto lodata suonata in do # minore di Beethowen per pianoforte solo. E così si far à di corrispondere in parte all'insperato favore col quale il pubblico musicale volle accogliere questa Gazzetta. GIOVANNI RICORDI. TEORICHE MUSICALI Dell’Istromentazione ARTICOLO I. (Vedi il Proemio a questi articoli, nel N. 5.) In veruna epoca della storia della musica non si fece come al presente tanto parlare dell'istromentazione. Teniamo per fermo essere ciò cagionato dallo sviluppo tutto moderno di questo importante ramo dell’arte e fors’anco dalla quantità di critiche, opinioni, dottrine diverse, giudizii, ragionamenti o sragionamenti parlati e scritti di che le menome produzioni de’ più minuscoli compositori sono al dì d’oggi argomento. Sembra vogliasi al presente attribuire alta importanza a quest'arte dell’istromentare che nel passato secolo si ignorava (l) e al

(1) Ne sembra troppo assoluta questa assertiva del signor Berlioz. Gite nel passato secolo l’arte della stromentazione fosse lontana dal grado di isviluppamento e di meravigliosa ricchezza a cui l’addussero i sommi compositori del tempo nostro, cui furono capiscitela il gran Mozart, il fantastico e sublime Beethowen, e l’immaginoso e potente Rossini, nessuno oserà certo porre in dubbio: ma che gli scrittori dell’epoca anteriore alla nostra mal conoscessero l’uso dell’orchestra al punto di potersi affermare che ignoravano l’arte della stromentazione, è sentenza fuor del vero. Quei compositori non poteano certo valersi dei tanti mezzi di istromentazione dati dall’attuale sviluppo dell’esecuzione istromentale e della massima perfezione cui fu addotta la fabbricazione degli stromenti; ma ciò che nel loro stromentare mancava in abbondanza, ardimento e complicazione era compensalo da una singolare semplicità e purezza di forme, o più che tutto da una gassatissima appropriazione del colorito strumentale. Valgano ad esempio di quanto affermiamo gli Oratorj di Hamdel, di ltaydn, ec. L. E.


cui incremento molti, i quali volevano aver voce di veri amici della musica con non poco calore si opposero. Senonchè al momento ch’io scrivo v’ha chi si adopera in altro modo a frapporre ostacoli al progresso musicale. Le cose camminarono sempre di codesta guisa, il perchè non ci dobbiamo punto meravigliare di questo fatto che sì spesso ricorre. Sulle prime altra musica non st volle considerare per buona, tranne quella che si intesseva rii armonie consonanti-, ed allorachè Monteverde (1) tentò aggiugnere la dissonanza di settima alla producente, non ebbe penuria di biasimo, di minacce e di invettive d’ogni specie. Ma poiché fu accettata la dissonanza di settima a dispetto degli oppositori, e più tardi anche le dissonanze per sospensione e ritardo, trascorsero ben presto, almeno i così chiamati dotti, a disprezzare ogni qualunque composizione la cui armonia fosse semplice, chiara, dolce, sonora, naturale; per dar nel gusto di quei barbassori era mestieri che la fosse tempestata di accordi di seconda maggiore e minore. di settima, di nona, di quinta e quarta, adoperate proprio a casaccio e senza altra mira fuor quella di rendere questo stile armonico il più possibile sgarbato e spiacevole all’orecchio. Que’ dotti musicanti avean pigliato gusto alle sospensioni dissonanti al modo stesso che certi animali il prendono al sale, al tabacco, alle erbe pungenti. Era un vero abuso di reazione. Di mezzo a tutte quelle belle combinazioni non trovavasi orma della tanto desiderata melodia; e quando la melodia sorse si schiamazzò alla rovina dell'arte, alla manumissione delle regole consecrate ec. ec. A dar retta a codesti esagerati nemici della più bella delle innovazioni, bisognava dire che tutto era perduto! E nondimeno la melodia mise bellamente le sue buone radici. Senonchè non istette molto a farsi strada la reazione melodica. Vi ebbero de melo


(I) Claudio Monteverde di Cremona, non solo fu il primo ad aggiugnere la dissonanza di settima alla produecntc, ma osò bcnanco servirsi della quinta diminuita coinè consonanza. Introdusse le dissonanze doppie con preparazione e provossi di praticare in nuove maniere le dissonanze di passaggio. Abbenchc egli siasi ingannato in diversi punti, come gli venne addimostrato dall’Artusi, può dirsi essere egli de’ primi tra musicanti ai quali la tonalità c la moderna armonia vennero debitrici delle maggiori obbligazioni..Egli è indubitato, dice il Carparti, che le dissonanze sono come il chiaroscuro nella pittura. Col mezzo dell’opposizione e del confronto danno esse più risalto ed effetto all’accordo vero, ne accrescono il desiderio c svegliano cosi l’attenzione, operando a guisa degli stimolanti clic si danno agli obesi e. sonnacchiosi. Quel momento di inquietudine che producono in noi si trasforma in piacere vivissimo allorachè sentiamo poi l’accordo, quale l’orecchio nostro non cessava di travederlo e desiderarlo. Non è a dire per ciò quanto vantaggio recassero alia musica, coil’introdurvi le dissonanze, lo Scarlatti, c molto prima di lui il Monteverde, scoprilar primo di questa miniera di bellezze». L’E. disti fanatici ai quali pareva intollerabile qualsivoglia pezzo di musica che oltrepassasse le tre parti reali. A taluni anzi sarebbe piaciuto prescrivere che nella maggior parte de’casi il canto non fosse accompagnato che da un basso, e si lasciasse tutto all uditore d bel piacere d indovinare le note intermedie degli accordi! Altri finalmente spingevano un pochi» più innanzi le pretese, vai a dire non volevano accompagnamento di sorta; e Rousseau si provò ad affermare essere l’armonia una barbara invenzione! Venne la lor volta anche per le modulazioni. All epoca nella quale non si costumava che di modulare nei modi relativi, il primo che osò trascorrere a una tonalità estranea udì gridarsi dietro al sacrilegio; ei doveva aspettarselo. Qualunque fosse l’effetto prodotto dalla sua modulazione i bacalavi la biasimarono mettendosi le mani ne’ capelli. L’innovatore aveva un bel dire: «Ascoltatela bene: badate come ella è dolcemente preparata, e motivata e destramente legata con quanto precede e segue, e con quanta soavità ella si svolge!» - «Non si tratta di ciò: gli si rispose; questa vostra modulazione è vietata dalle regole; dunque bisogna schivarla». Ma poiché assolutamente non si trattava, appunto che di ciò, cosi non guari andò che le modulazioni non relative pigliarono posto nella musica di gran stile, e vi produssero delle impressioni tanto più gradite quanto meglio inaspettate. Quasi al tempo stesso venne oltre un altro genere di pedantismo e furono veduti degli scrittori di musica riputar vergogna il modulare dalla tonica alla producente e sbizzarrire allegramente nel menomo rondò, passando dal modo di do naturale a quello di Ja diesis maggiore. À poco a poco il tempo ha messe le cose tutte al giusto loro posto; si fece distinzione tra l’uso e l’abuso, tra la vanità reazionaria e la insensatezza e la ostinazione, tanto che al presente si è quasi generalmente disposti ad acconsentire che, in fatto di armonia, di melodia e di modulazioni, è buono tutto che produce buon effetto, e cattivo quanto produce un effetto cattivo, e non avere in contrario autorità veruna la voce dei più vecchi dottori della scienza 0). Per ciò che riguarda l’istromentazione, (1) Preghiamo i nostri lettori a far osservazione alla aggiustatezza e alla gastigata severità di queste opinioni del signor Iìerlioz, le quali senza dubbio contraddicono alle idee che taluni per avventura si sono formate delle sue teorie musicali credute a torto, sulla fede di critici o inesperti o passionati, stravaganti, assurde e licenziose. LE.