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ettera quali furono poi cantanti le funeste conseguenze di questo incessante frastuono di stromenti. U esagerazione dello stile declamatorio, i gridi degli attori, (che non oso chiamarli cantanti ) e lo strepito dell'istromentazione sono diventate vere necessità per gli Italiani ^ essi più non comprendono la musica drammatica se non se sotto queste forme. 11 loro gusto subì tale mutazione, che non solo le Opere di Rossini disparvero dalla scena, ma neppur quelle di Bellini più non si ascoltano, e le sue melodie sembrano ora già troppo dolci e debolmente stromentate. Vero è bensì che i saggi tentati per riprodurre le Opere di Rossini non furono felici, non essendovi ora quasi più neppur un cantante che sappia eseguirle, ma gli è questo un argomento del quale non voglio occuparmi ora (M). Mercadante e Donizetti sono al presente i compositori più rinomati sulla scena italiana vengono considerati come rivali e i loro partigiani si dividono in due campi (N). Il primo, già da un anno eletto direttore del Conservatorio di Napoli, non fece rappresentare più veruna sua produzione in questo lasso di tempo ma scrisse ora una grande opera che quest1 inverno si rappresenterà sulle scene del San Carlo (1). La fecondità di Donizetti è argomento di vera meraviglia anche per gli Italiani, benché avvezzi alla estemporaneità de’ loro scrittori di musica. Egli è fuor di dubbio che spesse volte questa fecondità non va disgiunta da molta negligenza, e Maria di Rudenz, Adelia, Belisario, ed altre opere di Donizetti ch’io ebbi ad udire a Firenze, a Roma, e a Napoli sono pur deboli produzioni (O) se non che di mezzo a molta mediocrità sorgono di tanto in tanto dei lampi di ingegno i quali fanno più vivo provare il rammarico che il maestro abusi della spontaneità della propria vena. La meraviglia si fa maggiore, allorachè si pensa che questa abbondanza di invenzione nel Donizetti non vien meno da ventanni in poi, e pare anzi vada aumentandosi. Quante opere delle quali ignorasi in Francia per fino il titolo scrisse Donizetti per l’Italia e specialmente per Napoli?-Ora sta preparando in Mi lano la Maria Padilla. partizione alla quale si dice abbia posto molto studio, e che si rappresenterà il 2G dicembre nel teatro della Scala (*). Do] 30 Mercadante e Donizetti ci si presenta Pacini, al presente maestro di cappella del Duca di Lucca, e molto stimato nella piccola Corte di questo principe amico delle arti. Io ebbi sempre pochissima inclinazione per la musica di questo compositore; ma la sua Sij/’o udita a Napoli mi arrecò molto piacere; forse anche perchè la trovai scritta in uno siile diverso dalla musica uniforme ond’era sazio e stanco il mio orecchio, dappoiché mi trovavo in Italia. V’è del sentimento drammatico in questa partizione (•) e della varietà di maniera secondo la diversità delle situazioni del dramma. I cauti ne diventarono popolari, e la è una tra le poche opere che da molti anni in qua ottennero in Napoli maggior successo. (Sarà continuato).


di certo non ci mancherebbero; ma li ommettiamo per amore di brevità, ed anche perchè siamo persuasi che dovremo tornare altre volte su questo argomento. (M) Nulla di più naturale che, dopo essere state ripetute a sazietà le Opere di Rossini ora non si producano che assai di rado sulle scene italiane. E nondimeno osserviamo che talune di esse come il Barbiere di Siviglia, la Gazza ladra, e qualche altra, ogni qualvolta vengono eseguite nei debiti modi sono accolte anche ai dì nostri col favore che non deve mai venir meno ai veri capolavori. A rispondere poi al sig. Fétis essere falso che gli italiani ormai non gustino altro se non la musica esageratamente declamatoria e clamorosa, valga il ripetere quanto abbiamo detto alla nota G, cioè che le Opere più applaudite nella nostra Penisola in questi ultimi tempi non appartengono certo nè al genere declamativo, nè al genere fragoroso: citiamo di nuovo la Sonnambula, la Lucia di Lammermoor, Elisir d-amore, i Puritani, eco,. (N) È veramente per noi una novità l’udire che l’Italia musicale sia divisa in questi due campi!.... Bensì sappiamo che sui nostri teatri si fa imparzialmente clamorosa, buona o fredda accoglienza tanto agli spartiti dell’uno quanto a quelli dell’altro maestro secondo che in essi rivelasi invenzione, sentimento ed eletta dottrina, ovvero grettezza di idee, trascuraggine o stentata, pompa di sapere. Le varie opinioni degli amici più stretti sia dell’uno sia dell’altro compositore,, per quanto si voglia concedere che sappiano del fazioso, non hanno valore al cospetto del pubblico italiano, il quale e in Donizetti e in Mercadante ama e stima due valorosi rappresentanti della sua gloria musicale, e si gode di potere rispondere coi loro spartiti alla mano ai sarcasmi e al rigorismo de’ critici oltramontani che vorrebbero scemarne la fama già sanzionata dal voto europeo. (O) Prima di sottoscrivere a questa sentenza del signor Fétis vorremmo chiedergli se le Opere del nostro! Donizetti ch’egli chiama deboli produzioni, le giudicò per tali al solo averle udite rappresentate (chi sa in che modo e con quali guasti mutilate, ovvero dopo averle esaminate con attenzione sulla partitura. Osiamo supporre che in questo caso il suo voto sarebbesi d’alquanto mitigato, massimamente per ciò che riguarda il Belisario, Opera nella quale non avvi di certo povertà di sapienza, e questa, lungi dall’essere prodigata per vano sfoggio di dottrina, è fatta servire all’alto scopo cui sempre mirarono i sommi compositori italiani, dar vigore al linguaggio del cuore, evidenza e forza di colorito alle situazioni, vita e movimento all’effetto musicale. Vuolsi poi aggiugnere che talfiata la negligenza di che una critica arcigna può appuntare di leggeri molte delle moltissime Opere di Donizetti è il prodotto di un calcolo non interamente sbagliato. O ci inganniamo, o il Donizetti è d’avviso che non sempre impunemente i compositori pretendono imporre un’attenzione troppo intensa e continuata al pubblico italiano di sua natura renitente a una sovverchia e non interrotta concentrazione. Sotto l’impero di questa massima egli si crede ben consigliato a lasciare

(1) Il Proscritto dramma del poeta Cammarano: vedasi il cenno da noi dato nel foglio num. 4.

che talora in alcuni pezzi de’ suoi spartiti l'effetto illanguidisca d’alcun poco, onde meglio potere poi ridestarlo più vigoroso che mai in altri pezzi successivi sui quali sa in buon punto concentrare gli sforzi della sua immaginazione che un momento prima lasciò ad arte sonnecchiare. Crediamo far onore all’esimio maestro coll’interpretare a questo modo e non altrimenti il sistema di composizione da lui adottalo in molte sue Opere, nelle quali, per dir vero, non il solo sig. Fetis ebbe a notare delle marcate alternative di negligenza e di studio, di grettezza di invenzione e di lampi di genio. Rimane ora a dire nel proposito di Donizetti clic ove anche si dia per acconsentito che parecchie delle sessanta sue partizioni sono deboli, ve n’ha in questo vasto suo repertorio un bastevole numero da potersi sceverare, le quali da per sé sole sono più che sufficienti a dargli un primato sulla lunga schiera dei compositori che oggidì si contrastano gli applausi de’ teatri melodrammatici d’Italia. Ed allorachè ebbe a pòrsi su un altro campo di gloria musicale, il suo forte ingegno e la sua molta dottrina gli diedero di poter disputare ai più acclamati viventi compositori francesi una palma che, al dire di molti, fu ampiamente meritata dall’autore dei Martyrs. G. B. (1) Veggansi gli articoli dati da questa Gazzetta nei numeri i, 2 e 3. (2) Veggasi l’esame critico della Saffo dato nei numeri 3 e 4 di questo Giornale.

Nelle attuali condizioni delle arti musicali in Italia (1). ARTICOLO II. Ne pare di avere già accennato nel nostro primo articolo che l’attuale decadimento delle arti melodrammatiche in Italia vuolsi attribuire anzitutto allo spirito di traffico e alla predominante avidità di lucro. Dappoiché il pubblico, tanto ghiotto fra noi di emozioni musicali sempre nuove e sempre più stimolanti, col recarsi in folla ai teatri dell’Opera ha fatto possibile agli intraprenditori di professione compensare con enormi paglie la felice organizzazione delle gole e la robusta struttura de’ polmoni. le attrattive di immenso guadagno e la facilità di rapida smisurata fortuna diventarono il vero e principale eccitamento della turba di coloro che con una pressa poco men che morbosa si gittano alla cieca alla professione del canto. Ed ecco quindi due affatto diverse specie di concorrenti alla palma teatrale allacciarsi alf allettante arringo, ed impegnarsi tra essi una "ara che ben di rado, e come or vedremo, é vinla dai più degni. - Da un lato i più avidi di oro, i più incomposlamente ambiziosi, gli intriganti più astuti e pertinaci, le complessioni più massiccie, gli animi più atti a pigliarsi a scherno le difficoltà che seminano di spine il sentiero della vera gloria. perchè avvigoriti dalia superbia e dall’albagia naturale alla felice ignoranza: dall’altro, gli spiriti più eletti, ma ad un tempo più timidi, più facili a sgomentarsi degli enormi ostacoli da vincere per giugnere a un discreto grado di perfezione, coloro insomnia i quali, dotati di natura veramente artistica, schietti, leali, immessivi, sempre sotto l’impero degli affetti, non inai sotto quello del calcolo o della fredda ragione, mal sanno competere con quei primi nella tattica indispensabile a far emergere la propria superiorità, e quindi troppo presto si stancano di una concorrenza che li irrita e li umilia; e sconfortati si danno per vinti. Ciò premésso riesce agevole immaginare come avvenga che lo scenico a^one sia ingombro di tante artistiche mediocrità cui il litoio di sommi, di celeberrimi, di incomparabili fu ottenuto a furia di indiretti volgari rigiri, di impudente, ma fortunata cimmeria. E coloro al contrario che pur potuto avrebbero guadagnarsi una primazia per vera attitudine e forza di ingegno e serii studii compiuti e felice organizzazione, perchè al nobile loro animo e al dilicato loro sentire non bastò il coraggio di piegare il collo sotto le forche caudine di un basso mercimonio, rimangono o confusi nella turba de’ negletti od anche, per lo peggio, perduti neiravvilimento. perchè respinti da un primo infelice tentativo, cagionalo più che da altro o da sovvercliia timidezza o dalle malvage mene dei rivali. Come possa aver luogo questa si palese ingiustizia nel retribuire con equa proporzione di guadagno e d’onore la moltitudine di coloro che si dedicano in Italia alle professioni melodrammatiche, sarà di leggeri fatto chiaro a chi pensi che l’accesso a queste, al tempo che corre, è ormai inesorabilmente guardato da tre specie di cerberi che in vario modo, ma tutti dal più al meno, cooperano fatalmente alla corruzione del gusto, al disprezzo de1 buoni principii dell’arte, alf invilimento di tutto che vi ha di distinto e di poetico nella vita dell’artista; vogliamo accennare agli impresarii, agli agenti teatrali, ai giornalisti o inesperti o negligenti. Rispettando le dovute eccezioni, alle quali a luogo opportuno sapremo fare più particolare giustizia, procuriamo ora di indicare per sommi tratti quale e quanta sia l’influenza più o meno funesta che queste tre diverse potenze esercitano sulle varie sorti di coloro che si dedicano alla procellosa esistenza del teatro musicale. Abbandoniamoci per un momento ad una supposizione. Immaginiamo una giovinetta allieva di un Conservatorio, la quale acclamata di merito’ superiore ottenga dalla mano di un alto magistrato il premio ben dovuto a’ suoi diligenti studii e alle felicissime sue naturali disposizioni con dotta sapienza sviluppate. Ella esce oggi dall’aula solenne, coronala d’alloro e ancor piena del rimbombo degli applausi ottenuti da un pubblico eletto, e delle ultime paterne ammonizioni de’ suoi istitutori. La schietta e ingenua idea che ella si pose in capo di ciò che veramente costituisce la perfezione dell’arte sua non

(1) Vedi il N. 1 di questa Gazetta Musicale.