derato, e il violino teneva dietro al flauto
a due battute di distanza; e già Miss Morrisson,
scioltasi, dal largo, entrava nel
presto, che vien dopo, quando i suoi complici,
che si trovavano ancora indietro più
di dieci battute, sembrarono accorgersi di un
qualche lieve errore, e a un tratto si fermarono.
Avreste veduto allora cadere il sudore
a grosse goccie dalla fronte a Rappelwherer,
il quale fissando su di me uno sguardo
disperato, pareva che mi dicesse: «■ Il male
è incurabile, mi sto zitto. «Si cercò la
cagione di questa mancanza d’insieme; ciascuno
difese il suo movimento, e dopo
un intermedio dialogizzato in modo vivissimo
e alquanto pungente, si passò al
presto.
Qui i concertanti alquanto confusi, presi
dal punto d’onore, fecero in modo che il
presto non camminò male; se non che, siccome
ciascun aveva buona esperienza di
sè, e tale da dovergli inspirar timore i movimenti
troppo vivaci, ebbero cura di prender
un tempo più comodo. Niuno si affrettava.
Fate conto che l’andar loro somigliasse
il passo tranquillo e penoso di
que’cavalli fiamminghi, i quali posano leggermente
i piedi sul suolo, per tema quasi
di fargli male. Ogni nota o breve o lunga,
o forte o dolce che si fosse, aveva il suo
valore uguale; e quanto più era càrica la
battuta di semicrome, tanto più durava;
non se ne perdeva nulla; e ogni cosa entrava
in calcolo: tanto che ella era veramente
una esecuzione di spaventevole esattezza.
Miss Morrisson faceva ribombare il pedale;
il tintore tormentava la sua corda
grossa; il violino smanicava giù, che vi
so dire era un piacere. E non solamente
questa esecuzione (parola conveniente che
nulla più) c’intronava le lacere orecchie,
ma ci abbarbagliava gli occhi per la quantità
e l’incoerenza di que’ gesti contrari,
opera di tante braccia, di tanti gomiti e
di tanti e di tanti pugnetti agitati in sensi
diversi. Quanti applausi coronarono questi
sforzi! Tutte le signore, le quali quanto
era durata la carnificina di questo delizioso
pezzo, avevano fatto la battuta colle teste
e co’ventagli, si posero a fargli i conienti:
e via via che era una cosa da ridere, si parlò
di tenerezza musica, contrappunto, genio,
belle arti, finché Mistriss Morrisson ci annunziò
che Miss Emilia, l’eroina del pezzo
concertato si apprestava ad accompagnare
la sorella minore pronta a spiegare le sue
doti di esecuzione vocale.
Si fa silenzio: io riconosco il ritornello
della vecchia romanza:
Ah! Nanci! vuoi tu seguirmi? (i)
La damigella, immobile come un ceppo,
colla mano destra appoggiata sul pianoforte,
cogli occhi fermi al soffitto, con un
aspetto severo e fosco, dà principio al
suo pezzo, o piuttosto al suo gemito. No,
in verun altro luogo che in Inghilterra si
può dar nome di musica a un simile piagnisteo,
ed accordargli l’onore di far parte
di un concerto. Non era che un lungo e
monotono lamento senza misura, senza
ritmo, senza espressione,- ed io mi sentiva
la voglia di piangere, pel solo effetto
simpatico di que’ suoni che mi sembravano
molli di lagrime, e che operavano
in me come operano i suoni lontani delle
campane, una sera malinconica d’autunno,
sulle persone che hanno i nervi troppo
(t) Oh! Nanyc! wllt tkou gang wilh me?
dilicati e irritabili; ma tutto ad un tratto
mi prese il riso nel sentire i guaiti simpatici
di una povera bestiuoja, che avevano
rinchiusa in un gabinetto, affinchè
non disturbasse l’adunanza musicale. Questo
dilettante inaspettato era il cagnolino
di Mistriss Morrisson, al quale pareva che
questa strana musica pungesse in singoiar
modo le libbre. Le due sorelle, senza punto
scomporsi a ciò, simili a due orologi di
Brequet, i quali si comunicano vicendevolmente
la vibrazione, si sostenevano benissimo;
e per carità fraterna molto commendevole,
alternando, gettavano a quando
a quando un velo sugli sbagli l’una deifi
altra. Gli applausi che le ricompensarono
furono pieni d’entusiasmo; io già non dubito
punto della loro sincerità.
Dirò io qui come un giovine cugino di
Mistriss Morrisson ci sfigurò un concerto
di Viotti; quai suoni acuti e stridenti fecero
uscire dal cantino le sue dita poste
di continuo presso il ponticello? Dipingerò
10 gl’inutili sforzi di Miss Fanny e di un
largo signore per venire a capo del celebre
duetto di Mozart: Crudel perchè finora?
Finalmente ripeterò io la scusa veramente
nuova di Mistriss Morrisson, la quale avvedendosi
della cattiva riuscita del duetto,
tentava di giustificare sua figlia con dire
(vedi ingenuità!) «Oh io non amo quelle
romanze in i e in o: non ho mai permesso
a mia figlia di cantare di pezzi italiani
altro che questo: «C’est l’amour,
l’amour, l’amour!» E di vero Mistriss
Morrisson colla strana inflessione ch’ella
dava a queste parole, ne faceva un’arietta
di Rossini!
Io cercai cogli occhi Rappelwlierer, il
cui grottesco rammarico mi aveva divertito
per tutta la seduta. Egli era scomparso.
Mi restavano ancora a trangugiare tre pezzi
ed un finale. Ma già mi avevano tempestato
i nervi, e scorticate le orecchie che
slava bene. Sicché presi partito d’imitare
11 maestro di cappella, e efi andarmene io
pure a respirare un’aria purgata delle suonate,
scevra dalle note false e libera dalle
appoggiature. Nel punto che Emilia cominciava
a cantare la vecchia ballata intitolata:
Gianna la pazza, mi scansai maledicendo
i carnefici dilettanti che m’avevano cosi
crudelmente straziato.
Io aveva già oltrepassato il quartiere di
Mistriss Morrisson, e guadagnava la gran
strada di Oxford, quando un tumulto di
voci, di stronfienti e di grida confuse, frammezzo
alle quali mi risuonavano all’orecchio
non so quali accenti che non m’erano
ignoti, mi fece sollecitare il passo.
Erano le undici e mezzo, e questo romore
notturno mi cagionava inquietudine.
Ed ecco io scorgo Rappehvherer, che si
dibatteva in mezzo alle guardie notturne
che ne lo menavano di forza. Tre o quattro
brutti musi d’uomini che erano armati
d’arpe, mandolini e clarinetti incalzavano
colle grida il malarrivato maestro, a Arrestatelo,
arrestatelo! ch’ei passi la notte al
violone! W Pervenni fino al povero Tedesco,
e volli sapere donde gli era piovuto
addosso questo altro malanno. Ed
egli, 5> Ah mio buon signore, mi disse,
cattiva musica è la mia persecuzione. Quel
briccone là (indicandomi un suonatore di
basso) suonava un buon mezzo tono troppo
alto; questo abbominevole clarinetto soffiava
mezzo tono troppo basso; quegli altri
(I) Abbiamo ritenuto per Io scherzo questa parola,
che pure in alcune provincie d’Italia è usata per indicare
la prigione d’un corpo di guardia.
là ( indicandomi due canterini ) guastavano
la bell’aria tedesca:
Stch’nur auf, stch’nur auf!
10 ho voluto fare qualche osservazione
civile, essi hanno domandato questo consta-,
bile, ed io debbo andar a passar la notte in
prigione, se voi non mi liberate. - Si, riprendeva
il constabile, egli è un forestiero che
s è ubbriacato, e vuole impedire a questa
brava gente di guadagnarsi il pane. Domattina
io lo condurrò dal giudice di pace,
e pagherà dieci scellini per apprendere a
turbare un’altra volta il pubblico riposo.
Mi venne fatto non senza pena di liberare
il nostro Orfeo alemanno. Cammin facendo,
ei si consolò con maledire l’Inghilterra,
dichiarandola priva efi ogni gusto musicale,
e fedele a quelle teorie delle quali non può
verun Alemanno far senza, mi provò per sillogismo
e per entimema, che un popolo che
sia molto carnivoro clebbe avere l’orecchio
falso, e che l’effetto inevitabile del roastbeef
si è di rendere ottuso ogni senso musicale.
{T.)
BIBLIOGRAFIA. MUSICALE
CEvafa su ©bvkkse ©pere
Duetti per Pianoforte e Violoncello
Questa volta entreremo in materia senza proporre alcuna
osservazione contro le fantasie istromentali alla moda,
troppo godendoci l’animo di poter dar principio a questa
rivista di pezzi di ogni genere e sì difTerenti fra loro per merito
con un’opera forte d’immaginosi concetti e lodevole
per regolare condotta - Duo pour piano et violoncelle,
ou cór, ou violon, par Henselt. - Questo coscienzioso
pianista alemanno, che scelse a sua dimora Pietroburgo,
la città che ora forse più generosamente di ogni altra
in Europa rimerita i famosi artisti che vi si producono,
fece già di pubblico diritto varie ottime opere per pianoforte
fra cui gli Studii, da tutti conosciuti, occupano
il primo posto. Dalle sue pubblicazioni si ravvisa che
Henselt è uno spirito contemplativo e poetico che preferisce
piuttosto commovere ed interessare un crocchio
d’intelligenti amici, che sorprendere ed inebbriareil pubblico.
Egli appartiene alla mistico-romantica scuola di
Chopin. Scorrete il sullodato suo duetto (Op. 14) in si
minore, ed ovunque troverete pensieri patetici, modulazioni
penetranti ed una certa tinta di mistero, che se
alla prima non varrà a scuotervi gran fatto e forse vi
potrà anche sembrare propender alla monotonia, più
udrete il pezzo meglio sarete attratti dalle recondite
sue bellezze e finirete per ammirare il profondo magistero
di fattura, la distinzione delle armonie e gli elegiaci
concepimenti sviluppati fra il succedersi e I’ intrecciarsi
di andamenti per la maggior parte a terzine.
Il duetto di Henselt dal fecondo e facile Czernyèstato
trascritto per pianoforte solo ed a quattro mani.
Wolff, l’infaticabile e troppo produttivo pianista, e Batta
il violoncellista dell’anima e della grazia, si unirono per
comporre un brillante duetto per pianoforte e violoncello
mettendo a contribuzione le belle melodie della
Lucrezia Borgia -, dal quale caratteristico spartito tolsero
la magnifica stretta del prologo che assoggettarono
a due affettuose variazioni; poscia dal violoncello si
modula la romanza espressamente da Donizetti scritta
per Mario del Teatro Italiano di Parigi, e da Batta prima
d’ora trascritta pel proprio istromento: interviene inseguito
il brindisi e l’opera termina col vivace valtz dell’introduzione.
Questo duetto piacque assai in varie accademie
eseguito da’loro autori, i quali hanno pure
messo insieme due altri pezzi per gii stessi istrornenti
sopra la Favorita di Donizetti e la Regina di Cipro
di Halevy, che tosto vedranno la luce nella Calcografia
Ricordi.
11 nome di Hunten si rende sempre più popolare
presso i giovanetti che hanno appena superate le prime
nozioni, meglio di quasi tutti i compositori-pianisti sapendo
fare, come si dice, dell’arfe facile ciò che ha
pure le sue grandi difficoltà. La pubblicazione di qualche
nuovo lavoro di questo autore è una fortuna per gli
editori e per gli infiniti amatori de’ piccoli capricci e delle
variazioncelle, i primi ne smerciano buon numero di
copie, gli altri dilettansi senza troppo affaticare. Anche
il Divertimento per pianoforte e violoncello 0 flauto è
da porsi fra i pezzi i più facili che sianvi per quest’istromenti: i motivi del Roberto Devreux vi sono presentati
in modo spontaneo e non privo di eleganza.
IL’9 es&Ba$© vÈ©I©aaeeIS©
©©sa ©©«©aaapsìgpiaaaaeaat© di gsi&sa©»
Alfredo Piatti suonatore di violoncello in giovane età
già rinomato, affidò all’editore Lucca il suo Canto, nel
quale mostrò di aver fatto non volgari progressi nella
composizione. Questo andante melanconico in sol mi