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Blangini pubblicò eziandio le memorie della sua vita dal 1797 al 1834, sotto il titolo di Souvenirs, da cui trapela una bonomia qualche volta di un'ingenuità singolare, e che contengono non pochi aneddoti curiosi e piacevoli.
NOTIZIE DIVERSE.
— Ci scrivono da Venezia quanto segue:
«Riuscì, sig. Editore, molto soddisfacente a non pochi lettori ciò che riportaste nel nuovo vostro interessante Giornale 1, rapporto al sig. Fétis, e sulla opinione ch’egli ha dei musici italiani e sopra il da lui immaginato decadimento della nostra musica.
Il sig. Fétis, allorché si recò in Venezia, fu molto zelante nel rinvenire libri teorici antichi di musica ed a farsi copiare importanti squarci di simili composizioni nella celebre Marciana. Il Fétis mostrò alta sorpresa nel non trovare in Venezia nè in altri luoghi d’Italia cultori della parte sublime della musica e segnatamente di ciò che appartiene su tal rapporto ai Greci. Vi fu però chi avvertillo che in Venezia trovavasi qualche ritirata persona che non del tutto ignara mostrata gli si sarebbe su tali argomenti. Il Fétis rispose di non poter di tanto approfittare a cagione della prossima e rapida sua partenza.
Questi signori dotti stranieri hanno l’uso di trar giudizio da ciò che prima a loro si presenta. Gli uomini di spirito risplendono e si fanno tosto visibili, non così gli uomini di talento ed erudizione. Conviene cercarli e battere per così dire la pietra focaja del loro ingegno perchè ne sorgano luminose scintille.
Oso lusingarmi che se il signor Fétis avesse o prolungata la sua permanenza nelle città italiane o vi avesse fatto delle più attive ricerche, non avrebbe esalato una tanto sinistra opinione sulla parte musico-teoretica coltivata dagl’italiani. Non taccio per altro che così fra di noi come in ogni altra nazione, e ciò a sua difesa, vi hanno non pochi di quelli i quali essendo ignoranti eglino stessi, cercano di occultare coloro che noi sono.
È manifesto quali frutti derivano da ciò!
A. G.
— Tutti i nostri giornali si sono affrettati nel dare la relazione dell’esito che ebbe sulle grandi scene di San Carlo in Napoli la nuova Opera del ch. maestro Mercadante Il Proscritto 2. Quanto a noi, fedeli al nostro proposito di non occuparci di Notizie teatrali, ommettiamo di riferire il numero di volte che l’illustre compositore e il poeta e i cantanti vennero chiamati all’onor del proscenio, a quali pezzi gli applausi proruppero più clamorosi, a’ quali altri meno, ecc.; tutte cose che, almeno a nostro parere, non ponno aver valore di retto e imparziale giudizio intorno al vero merito della musica. Allorachè il nuovo spartito di Mercadante verrà riprodotto sul nostro Gran Teatro (e facciami voti che ciò avvenga presto e nei modi convenienti, ne parleremo per esteso dando alla nuova produzione dell’esimio italiano l’alta importanza che per più ragioni si meriterà. Il dramma è lavoro di quell’eletto ingegno del Cammarano, mercè il quale la poesia lirico-teatrale pare voglia risorgere dalla sua attuale povertà.
— Il valente nostro violinista Bazzini, uno tra i pochi che non si lasciano vincere nò dall’amor dell’ozio nè dallo sconforto, e si adoperano con zelo a sostenere l’onore della musica stromentale italiana tanto negletta, si accinge a percorrere alcune città della Germania, col proposito di dare delle accademie, e di ottenere che le meraviglie del suo arco sieno ammirate in paese straniero come già lo furono ripetutamente nella sua patria.
— Nel penultimo foglio del Messaggiere Torinese abbiamo letto con piacere un savio articoletto dell’av. Carlo Corghi nel quale si accenna con molta lode di una nuova Messa Concertata eseguitasi il 26 p. dicembre nella chiesa cattedrale di quella città, e dovuta al distinto ingegno musicale del sig. Giuseppe Ghebart, già rinomato professore concertista di violino e compositore di pregevoli musiche stromentali.
In questa nuova Messa Concertata del sig. Ghebart, ove per la prima volta ci si provò nella musica vocale, si lodano dal sig. Gorghi i principali pregi che costituiscono il vero bello delle composizioni sacre, la semplicità della melodia, l’appropriata robustezza delle armonie, l’espressione, e le felici combinazioni stromentali. Questa nostra Gazzetta non fa che riferire in breve quanto più per esteso trova scritto nel nominato foglio torinese, e si desidera che negli elogi da lei ripetuti non siavi a notare ombra di amichevole cortesia. È ora sì languidamente apprezzata in Italia la musica sacra che ogni qualvolta si offre occasione di tributar lodi a chi la coltiva con amore, non devesi guardar tanto per minuto alla misura degli encomii.
— Parigi. STABAT MATER di Rossini, eseguito al Teatro Italiano di Parigi.
Immenso, straordinario effetto produsse lo Stabat Mater di Rossini, sotto l’abile direzione del maestro Tadolini eseguito la mattina del 7 corrente dalle Grisi ed Albertazzi e da Tamburini e Mario; non che da Dupont, Campagnoli, Morelli, Donati e dalle Amigo, Massimino, Bellini, Dotti ecc. fattisi coristi per rendere uno spontaneo omaggio al genio dell’incomparabile compositore. La sala del Teatro italiano non ha potuto contenere la folla accorsa per assistere a quella solennità musicale. L’esecuzione durò circa due ore e fu in molte parti abbastanza soddisfacente.
L’introduzione, che in sì nobile guisa apre il gran capolavoro religioso, non venne meno ammirata dagli intelligenti che gustata dal pubblico. Nell’elevata e patetica aria la Grisi superò sé stessa. Il grazioso duetto fra quest’egregia cantante e l’Albertazzi si fece replicare, come pure l’imponente aria (a meraviglia interpretata da Tamburini) la cui forma eminentemente originale e la penetrante espressione hanno trasportato tutto l’uditorio. Il terzo pezzo replicato fu l’ammirabile quartetto senz’accompagnamento: è impossibile con maggior dolcezza e vezzo di connettere dotti accordi ad ardite dissonanze; il contrasto fra il liturgico canto al - Quando corpus morietur - con quello delle ultime parole piene di speranza e di amore divoto - Paradisi gloria - è di un risultato magico. Mario ha cantato con alquanto di titubanza la sua aria tutta eleganza e tenerezza. Il coro intercalato dell’a solo di basso ha vivamente scosso per la novità della forma e per la bellezza del concepimento.
Questo sublime capolavoro, la cui istromentazione è magnifica, malgrado la varietà e la ricchezza de’ pensieri, ha un carattere assai distinto di dolore unito alla tenerezza ed alla speranza: è l’afflizione mondana temperata dal sorriso del ciclo.
— Il giorno 17 avrà avuto luogo la seconda esecuzione dello Stabat Mater, per la quale quasi tutte le piazze del Teatro Italiano erano già state accaparrate fino dal giorno susseguente alla prima.
— Berlino. Tutto il dilettantismo musicale è ammirato della straordinaria bravura di Liszt. Quest’artista dalle prodigiose dita nel primo suo concerto suonò sette volte, e l’ultimo pezzo fu quello che eccitò maggior entusiasmo.
— Ernest e Sivori, celebri violinisti, hanno dato varie accademie. Per difficoltà agevolmente superate il secondo certamente non ha nulla a invidiare al primo; ma questi piacque di più per l’animata espressione.
— Torino. Ci si scrive che nessun pianista in quella capitale ha prodotto una sensazione tanto aggradevole come Thalberg al Teatro Regio, la sera del 14, che gli uditori si partirono inebbriati dell’angelica sua esecuzione e delle simpatiche sue composizioni; e che a lui più che mai si convengono le seguenti espressioni recentemente adoperale per altro suonatore. Egli sa crearsi, ove più le difficoltà si affollano, una tale chiarezza d’intenderle; sa così costituirsene, come se ne farebbe in un dipinto, una semplicità di partito e pronunciarla con tale rigor di frasi e parsimonia d’accenti, che per lui non è mai dimenticata una nota, e non c’è mai nè farragine nè fatica ec.
TEODORO DÖHLER.
Da Clementi in poi certamente in Italia non vi ebbe
alcuno pianista che valesse ad accrescere la gloria dei
nostri fasti presso altri popoli che andarono altiere
di Mozart, Beethowcn, Weber e Kummel ed ora posseggono
Moschelcs, Kalkbrenncr, Chopin, Liszt, Thalberg
e moltissimi altri artisti di un merito distinto
e dovunque apprezzati. La penuria di rinomati pianisti
italiani da taluno si volle ascrivere alla convenienza di
preferir fra noi Io studio del canto, degl’istrumenti d’arco
e da fiato e della composizione teatrale, siccome più confacente
ad uomini avvezzi all’impero delle melodie e non
troppo ligi al soverchio esercizio meccanico clic richiedesi
per uno strumento della natura del pianoforte.
Ora però che in Italia pare si voglia da taluno in certo
qual modo dimenticare la sorgente primaria delle sue insuperate
palme, per meglio sfoggiare di modulata profondità
armonico-strumentale, quasi disgradendo che l’onnipossente
melodia occupi come per l addietro il più luminoso
ed efficace posto nelle opere drammatiche, è ben
giusto che a lieve compenso della sconvolta purezza melodica,
i caldi estimatori della riputazione musicale italiana, possano almeno veder chi gareggi co’ migliori
fra gli oltramontani nella franchezza del superare ogni
difficoltà di maneggio sopra un istromcnto, che finora,
in complesso, sembrò più idoneo alla pazienza, che al
genio.
Teodoro Dòhlcr è quell’eccellente pianista di cui ora
possiamo vantarci, ed il cui nome suona stimato sulle
labbra di ogni amatore o maestro di pianoforte. Egli
nacque in Napoli il giorno 20 aprile 1814 ed ivi fu ammaestrato
nella musica e nel pianoforte dapprima da
Lanza quindi da Benedici. A Tienila dal celebre Carlo
Czerny ricevette alcune lezioni di perfezionamento, e
nella fresca età di diciassette anni si meritò di esser nominato
pianista della musica particolare del duca di
Lucca.
Dòhler visitò replicatamente varie principali città d’Europa
e dappertutto ed in ogni occasione fecesi ammirare
pel notevole suo talento. A Parigi specialmente superò
di gran pezza la pubblica aspettazione e quella Gazzetta
musicale non esitò nel 1838 a pubblicare «che questo
• giovane prodigio, sembra aver sorpassato i confini del
«possibile, poiché confrontando la sua gioventù coll’im«mensità de’ suoi talenti, si è quasi tentati a supporre
«che per un feiicc privilegio delia natura sia stato esen«tato da tutti gl’incomodi dell’infanzia, non potendosi
«comprendere come abbia potuto trovar il tempo d’iin«parare tutto ciò ch’egli sa; giacché oltre le cognizioni
«musicali, a perfezione parla e scrive quattro lingue».
«Questo pianista, «così prosieguo il mentovato giornale», senza dubbio va posto nel novero de’ suonatori più
meravigliosi che siansi mai sentiti». Per non dir d’altro,
egli possiede una straordinaria bravura nell’eseguire i
più complicali e brillanti passi, e nell’effettuare delle
combinazioni, di proporzioni tali che a primo aspetto
sembrano inconciliabili coll’idea generalmente adottata
sull’estensione dei mezzi del pianoforte. In ispeeie allorché
al canto e ad accompagnamenti i più variati intreccia
il trillo, e quando con forza e prestezza marca le ottave
doppie, ehi non crederebbe che tre o quattro mani percorrano
ad un tratto la tastiera?
Se i confronti non fossero oramai adoperati a sazietà, |
noi potremmo paragonare Dòhlcr a Listz e Thalberg (
e notare che se Dòhler ha meno d’estro, di energia,
che il primo, e meno di calma, di finitezza e di chiarezza
del secondo, a lui nessuno potrà togliere il me-.
rito di aver saputo felicemente fondere e collegare insieme
alcuni de’ modi per cui que’ due sommi van
l’uno dall’altro distinti, e mercè ben anco dell’unione
di qualche vezzo tolto da Hcrz c Czerny, costituire uno
speciale tutto, atto a procacciarsi il favore degli intelligenti
c ad aggradire nello stesso tempo al pubblico.
Nelle composizioni di Dòhler rinvengonsi le medesime
qualità di stile che già si accennò aver egli saputo congiuiigere
nella sua maniera di esecuzione. Fra le quaranta
opere da lui già rese di pubblica ragione, oltre i
grandi studii di concerto che nel suo genere van annoverati
fra i migliori ed i più proficui, voglionsi distinguere
con particolari encomii le Fantasie sopra motivi
dell’Anna Balena, della Lucia, del Guglielmo Teli,
della Gypsl e del Guido e Ginevra, ecc.
A’ trionfi più recentemente riportati in riva alla Senna
ed al Tamigi e nella media Italia, Dòhler volle aggiungere
i non meno invidiabili della nostra capitale, e la
sera del 48 si produsse nell’I. R. Teatro alla Scala al
cospetto di un pubblico tuttora inebriato dalla magia
delle mirabili prove di un Thalberg. - Il successo del
gran pianista italiano fu compiuto. - Egli, dopo esser
stato vivamente festeggiato ne’ pezzi segnati nel programma
(cioè nella brillante fantasia sul Guglielmo Tell?
in un melodico notturno in re bemolle, negli studii N. 9
ed ultimo della sua raccolta enei capriccio inedito sull’assedio
di Corinto che piacque a preferenza de’pezzi a
cui tenne dietro ) per assecondare il comune voto che
con insistenza domandava bis, si rimise al pianoforte
ed intuonò un soave canto della Sonnambula, poi scherzò
fra l’agitarsi di un allegro a 6 c 8, ed in fine deliziò tutti
gli spettatori in un frammento di un pezzo in cui le insinuanti
note di Lucia con altrettanto di buon gusto che
di maestria trovavansi collegato ad eleganti e chiari passi
di un effetto irresistibile. C.
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- ↑ Vedi il foglio N. 2, <span id="Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 2/Opinioni del sig. Fétis intorno agli artisti musicali italiani">[[Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 2/Opinioni del sig. Fétis intorno agli artisti musicali italiani|Discussioni Musicali]][[Categoria:Pagine in cui è citato il testo Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 2/Opinioni del sig. Fétis intorno agli artisti musicali italiani|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu/22]].
- ↑ I pezzi di quest’Opera verranno pubblicati dal Ricordi.