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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 47 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
GLI ARTISTI
MELODRAMMATICI
ARTICOLO n. (a)
nei medesimi che ad onta d’ogni
Dlogico ragionamento esaltano ìl’epoca nostra come la migliore gj delle età musicali, gridano non P^sussistere ciò che questa nostra Gazzetta vien dimostrando, che gran colpa dell’attuale deterioramento dell’arte vuol attribuirsi all’ineducazione, all’insufficienza dei cantanti, la cui maggior parte è incapace di comprendere perfin gli elementi del suo mestiere. All’incontro non si stancano di vociferare quello che noi già raccontammo, che gli scrittori della Gazzetta musicale camminano per una via la quale non si sa a qual meta potrà condurli: videbimus infra. All udirli costoro cosi nelle parole come negli scritti, questo nostro mondo, si pieno d’imperfezioni e di miserie, in fatto di musica non sarebbe ridondante che di perfezioni e di meraviglie. Ad ogni riapertura di teatro, ad ogni mutar di stagione, ogni settimana, ogni giorno, ogni sera, ecco apparire un nuovo prodigio, una nuova stella, un nuovo incoronato. Le prime donne assolute e le non assolute, i primi tenori di cartello e quelli senza cartello, i primi bassi serj e i primi bassi comici snidatisi fuori dalle quinte come le allodolette alla primavera. Chi è di mente sì disgraziata che possa niegare all’epoca nostra la supremazia dell’arte melodrammatica? Il teatro non fu mai tanto ricco di eccellenti artisti, come il mondo non fu mai tanto popolato di teatri!... Tizio ha una voce di tenore di cui la più cara non fu mai udita. Il suo canto, oh il suo canto è un’espressione soprannaturale, è una favella sconosciuta, è una rivelazione del cielo. La sua persona, dicono alla classica, è bella come quella di un Apollo, o per lo meno come quella d’un Adone. Egli è il sospiro di tutti i cuori cedevoli alle attrattive del bello; è l’invidia di tutti coloro che vorrebbero avere una bella voce e una bella persona per susurrare un accento d’amore ad un orecchio vagheggiato che loro non sapesse resistere. Tizio è un essere privilegiato disceso tra gli uomini per essere la delizia, la tenerezza, l’ammirazione di tutti. Di simili cose i giudici auricolari, i giudici di moltitudine riempiono le sale dei caffè, le aule delle conversazioni, i salons delle soirées musicali; e gli articolisti a buon mercato, (a) Vedi il foglio N. -43-44 di questa Gazzetta. i gazzettieri teatrali, i trombettieri della fama ne rimpinzano le colonne delle loro cronache e delle loro [gazzette. Che importa poi se, meno il prestigio della voce e le forme turgidamente contornate dalla felicità, etrli non ha altro pregio morale che 10 raccomandi? H) Che importa se la sua intelligenza è quasi nulla, se ogni buon principio dell’arte gli è sconosciuto, se canta e si move il più delle volte a controssenso, se arresta la melodia quando appunto dovrebbe procedere, e l’incalza allora appunto che dovrebbe allentarla, se affila ed ammorza la voce quando dovrebbe vibrarla in tutta la sua gagliardia, se accelera e ritarda i metri in maniera che l’idea originale del compositore sia interamente svisata? Che vale infine s’egli non arriva al termine della stagione teatrale senza divenire 11 fastidio e la noja di tutta quella parte di pubblico eli’è dotata di senso comune? II teatro non fu mai così ricco di virtù melodrammatiche! Cajo fu gettato nel mondo da una stella di sventura. Nato nel popolo ed educato nel popolo, egli aveva corsa la carriera per cui suo padre l’aveva incamminato. Suo padre era artista di gastronomia ed egli pure erasi fatto artista gastronomo. Un bel giorno per altro s’accorge che la sua voce era suonante e che il suo petto era robusto. Le sue gambe eran diritte e le sue spalle erano ben formate. Non potrei io cangiar di mestiere? dice^allora fra sé. Di pasticci e pasticcieri ve n’-è dovizia in tutte le arti, colla sola differenza che in alcune i pasticciatori fanno fortuna, in questa mia non si acquista nulla di meglio che di finire abbrustolati. Tenterei io una cosa impossibile? Polche i sapienti sostengono che il tentare non nuoce, aneli’ io tenterò. E all’indomani il fabbricatore degl’intingoli, ritto davanti a un gravicembalo si gonfia di compiacenza sentendo come la sua voce discenda fino al mi sotto le linee e sale fino al fa sopra le linee. Egli vagheggia cogli occhi della mente uno stato ìli prosperità favoloso, poiché il maestro che gli ha provata la voce gli ha premesso trenta mila franchi all’anno dopo due anni di scuola. E dopo due anni di scuola, mercé il progresso maraviglioso del secolo e la prodigiosa diffusione dei lumi, egli è in grado di fare la sua prima comparsa in un teatro di provincia. 1 provinciali non sono (1) Crediamo opportuno protestare che nessuna benché lontana allusione abbiamo inteso di fare nè in questo nè in altro passo del presente articolo. Le pitture clic in esso si riscontrano,Jse pur hanno qualche evidetwa poetica, sono tolte interamente daU’imuiaginaiione. mai nè tanto raffinati nè tanto schifiltosi; egli piacerà dunque come piacciono tutti. E il novello cultore della più soave delle arti incomincia la sua carriera sostenendo la parte del Furioso. Per verità egli è di carattere furioso niente affatto; è impacciato in tutti i movimenti suoi; non comprende nò può comprendere che sia simulare un personaggio; stuona il più delle volte; canta col sentimento drammatico d’un pappagallo; si perde nei pezzi concertati; mala sua voce è forte, è limpida, è metallica; ella si può udire chiarissima fin nel vestibolo del teatro come quella di Galli, come quella di Lablache, come quella di Remolini. - 11 teatro non fu mai così ricco di virtù melodrammatiche! Donatilla è una leggiadra creatura comparsa nel mondo non si sa se dall’alto o dal basso, se dalla creta o dalle nubi. In un tempo in cui la virtù delle gambe vale per tutte quelle dell’intelletto e del cuore, Donatilla fu di buon’ora avviata nell’arte sublime delle Taglioni, delle Essler, delle Cerrito; ma la natura che I’ ebbe favorita di tutte le grazie di Venere terrestre, le niegò il genio di Tersicore, ed ella non potè uscir mai dall’oscura condizione delle seconde ballerine. Alfiiicontro le aveva prodigato non solo il dono della bellezza, ma quello ben anco di una discreta voce che iioteva essere formata al canto. Se non che l’arte del canto non s’apprende senza uno studio spendioso; ed una povera fanciulla priva d’ogni ricchezza come può sostenere il dispendio gravissimo di un maestro, provvedere un pianoforte, acquistare sempre nuova musica, se in suo sussidio non scende la protezione di qualcuno? Per ventura la bellezza in bisogno è la sola che quaggiù non manchi di protezione. II protettore cade d’improvviso dal cielo; e la povera ragazza abbandona l’arte a cui non aveva vocazione per darsi ad un’altra assai meno faticosa senz’essere meno lusinghiera. L’opera pietosa non si stanca così tosto; essa trova un compenso nella sua stessa virtù; e dopo alcun anno, mercè le attente replicate lezioni d’ogni giorno, ella si produce al teatro per essere una prima donua melodrammatica. Lo stare in iscena non è per lei un gran fatto, perchè da più anni è usa ad atteggiarsi graziosamente davanti a mille occhi intenti a riguardarla. Ella ha dunque una difficoltà di meno da superare; e il patrocinatore, che non intende lasciare a mezzo la sua intrapresa, non solo la sostiene in ogni sua necessità, ma le procaccia eziandio una buona scrittura, buona, vale a dire, non per dovizia