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indirettamente a chi avrà mostrato di capire a rovescio su quali basi si fondano le nostre critiche.

...«Le promesse della Gazzetta Musicale non possono essere migliori; e l’Italia, questa soavissima soavissima terra delle melodie, deve fin d’or professar gratitudine a chi intraprese un’opera sì benemerita, la quale gioverà ad addurre l’arte della musica a quell’altezza di perfezione, a cui in quest’ultimo tempo non parmi siasi abbastanza seriamente pensato. Benché non affascinato dai prestigi armonico-scientifici delle dottrine oltramontane, nondimeno io lo dirò francamente: la musica italiana, che pure è la prediletta delle musiche, può e deve ascendere tuttavia alcun grado per giugnere alla massima sua perfezione. I nostri maestri, a cui la natura, il clima, la dolcezza della favella, la educazione, il perpetuo udir canticchiare, infondeva col latte la vena delle cantilene, non hanno per la più parte rivolto l’ingegno che a blandire con idee di facile e pronto concepimento l’orecchio buon gustajo de’ loro connazionali. Il perchè non si proposero, quando più, quando meno, che non parlo di tutti, se non se di ritrovare nuove melodie, le quali potessero gradevolmente colpire e facilmente imprimersi nell’animo di chi lusingava il suo amor proprio ripetendo ciò che una volta aveva dolcemente accarezzato il proprio orecchio. Bramosi di giovare a sé medesimi, e di procacciarsi una fama popolare, non mirarono gran fatto all’incremento dell’arte, le cui riposte bellezze passavano sconosciute all’ascoltatore indotto, epperò venivano agevolmente preterite da chi, risparmiando agli altri lo studio per comprenderle, perdonava a sé stesso la fatica dell’impossessarsene. È vero che la parte melodica, come quella che è figlia primogenita dell’ispirazione, è la prima da richiedersi e da considerarsi: essa è l’anima, la vita, il pensiero, il sentimento, la favella della musica; ma, come ella sa, essa non vive solo di melodie; essa ha mezzi proprii e quasi materiali per aggiungere vivezza, colore e varietà all’immagine dell’ispirazione: l’arte ha il segreto delle combinazioni armoniche che arricchiscono, infiorano, e dan rilievo alle cantilene, come la forza dello stile e la magnificenza della lingua all’immagine della poesia. Vorrei quasi dire che la melodia è l’augello dall’ali dorate che fende gli spazii; l’armonia è l’aria che lo regge, è l’elemento ove la natura l’ha posto. E questa un’idea se vogliamo, piuttosto poetica che scientifica; ma parmi convenientissima a chiaramente esprimere ciò che sono la melodia e l’armonia. Da questa predilezione dei maestri per la parte melodica ne venne la trascuranza dell’armonica: e l’arte, che risiede appunto in questa, cadde quasi del tutto negletta: il gusto comune degenerò; e le produzioni veramente pregevoli e durature divennero oltremodo assai rade. Pochissimi de’ lavori de nuovi maestri avranno una vita meno che effimera. Quasi tutti i nuovi nati scrittori vedranno cadere le opere loro, l'una dopo l’altra, come le foglie all’autunno; perché ciò che non è artisticamente, esteticamente bello, non può sopravvivere alla sua nascita. Un giornale pertanto che miri a far estendere vieppiù il vero studio dell'arte; che miri a diffondere la conoscenza de’ pregi tecnici più che generalmente non è; che promuova l’applicazione, e l’intelligenza del grande magistero dell’armonia, che tolga quel carattere di leggerezza che ricopre pressoché tutte le moderne produzioni come una vernice letale; che faccia finalmente sentire ai nascenti maestri che essere compositore, è un’opera a cui tutti non possono che applaudire, ed io non sarò certo degli ultimi. Da gran tempo la folla de’ giudicatori imperiti, e de’ dittatori ignoranti, manifesta la necessità di una tale pubblicazione: i migliori la desiderano da lunga pezza. Il danno provenuto dal giornalismo mercenario e poco intelligente, si scorge da taluni inestimabile; a me sembra che sarà inestimabile il bene che deriverà dal porre un freno con una critica assennata ed imparziale a tutti i colpevoli giudizi che hanno finora travolto il senso comune del bello. E poiché è a lei piaciuto di chiamarmi compagno a quest’opera, io le ripeterò che anch’io mi studierò di recar la mia pietra all’edifizio. Non sarà di quelle da porsi sul meglio del prospetto; ma si terrà paga di essere sepolta nelle fondamenta, purché sia nell’edificio. Anzi, posso anche prometterle la cooperazione del maestro Ruggero Manna, il quale, soddisfattissimo della nuova intrapresa, verrà del pari prestando la sua valida mano perché arrivi alla mela migliore. Non le dico come questa cooperazione le sarà di giovamento, perché ella sa che il maestro Manna è uno de’ più dotti ingegni musicali italiani che non corrono il Campidoglio delle scene. I suoi grandiosi componimenti ecclesiastici lo pongono tra i viventi onori dell'arte. Le dico bensì ch’egli si occuperà con tutta quella solerzia e sollecitudine che gli permetteranno le non poche sue cure ordinarie.

La prego di aggradire le proteste della molta mia stima, mentre mi dico.

Suo affez.° servitore ed amico,

Geremia Vitali.




MUSICA SACRA.


Un grande movimento in questi giorni agita il mondo musicale. Il più celebre e fortunato compositore di musica teatrale del nostro secolo, il creatore di Tell e del Figaro, fece dono al pubblico di un nuovo suo spartito, scuotendosi finalmente da quel letargico sonno che già da quasi dodici anni credevàsi averlo tolto dall’aspirare a novelle glorie, per giacersi nella molle voluttà del far niente.

Rossini volle coronare la sua carriera, facendosi interprete de' dolori della Madre di Cristo e rendendosi emulo di Palestrina, Pergolesi, Cherubini, Mozart, ecc., senza però mostrarsi seguace dello stile ecclesiastico di que’ sommi, ma iniziandoci in una maniera di musica sacra, più melodica di tutti quelli che prima di lui si distinsero nello scrivere per chiesa. Egli concepì lo Stabat Mater nel 1852 di ritorno a Parigi da un viaggio fatto in Ispagna e sotto l’impressione de’ sentimenti religiosi in lui destati dalle visite di alcuni conventi. Quel primo saggio dedicato a Varella, commissario generale della Cruzada ed eseguito una sola volta a Madrid nel venerdì santo del 1833, e recentemente in Bologna, ricevette molte importanti modificazioni, e varj pezzi furono ben anco rifatti per intiero avanti che il manoscritto fosse affidato all'editore Troupenas, onde venisse reso di pubblica ragione.

Abbiamo già dato un cenno nel nostro foglio antecedente delle forti discussioni insorte a Parigi tra il legittimo cessionario di Rossini, ed un altro editore acquirente dell’autografo dedicato all’arcidiacono Varellas, relativamente alla proprietà ed ai diritti di pubblicazione di questo gran lavoro, della dimensione di un’opera in tre atti. A tempo debito ne riparleremo.

Adolfo Adam, compositore di musica in Francia meritamente applaudito per varie opere comiche, nel N. 43 della France Musicale, ha l’alto dapprima inserire un ragionato articolo sopra sei pezzi dello Stabat eseguiti nella sala di Herz dalla Viardot-Garcia e Labarre, e da Dupont e Geraldy, con i cori diretti da Panseron, il doppio quartetto condotto da Girard, ed il pianoforte, che rimpiazzava gli strumenti da fiato, tenuto da Labarre. - Al dire di quello scrittore tutto l'uditorio, composto da distinti artisti, fu profondamente penetrato dalle sublimi bellezze che ammiransi in que’ sei pezzi fra i quali una sublime introduzione, un coro, due magnifici quartetti (1), ed una grande aria di soprano, a pieni voti vennero giudicati capolavori per espressione perfettamente sentita, per superbi effetti di armonie, per immaginosi concetti melodici, per modulazioni nuove e per varietà di forme, in alcuni periodi forse troppo eleganti per una musica sacra.

Lo stesso Adam nel N. 48 del suddetto giornale, con argomenti e prove convincenti "confutata l’asserzione della Gazzette musical e - la musica dello Stabat di Rossini convenir più al teatro che alla chiesa e col paragone e coll'analisi di qualche brano del famoso Stabat di Pergolesi col nuovo, data a questo la palma, prese ad esaminare quattro altri pezzi cioè; il N. 2 aria di tenore; il N. 3 delizioso duetto fra soprano e contralto; il N. 4 aria di basso, uno de’ più lodevoli pezzi dell’opera, ed il N. 10 che comprende la fuga colla quale Rossini, come tutti i suoi predecessori, si è creduto in obbligo di terminare il sacro suo componimento, una volta per tutte dando la più solenne mentita a coloro che pretendevano egli non esser abbastanza dotto, e provando che non ebbe a sdegno il titolo di uomo di scienza, se non perchè preferiva quello di uomo di genio.

Que’ lettori che amassero esser meglio informati dello Stabat di Rossini possono ricorrere agli interessanti articoli da noi citati, od aspettare che la Gazzetta Musale di Milano ne parli dettagliatamente allorché il nuovo parto del Pesarese verrà fra noi pubblicato dal nostro Ricordi. Possa presto esserci dato di sentire degnamente interpretata questa creazione rossiniana! Sarà una straordinaria soddisfazione per tutti ed un vantaggio per molti. «Rossini, così lo stesso Adam, simile al sole ha sparso i suoi lumi sopra tutti i compositori, ed i suoi raggi hanno prodotto mollissime inspirazioni che senza la sua benefica influenza non sarebbersi sviluppate. Rossini è il genio più completo che abbia esistito".

C.




GIOVANNI RICORDI

EDITORE-PROPRIETARIO.


SI UNISCE IL QUARTETTO DELLO STABAT MATER DI ROSSINI, Quando corpus morietur.

Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato

di Calcografia, Copisteria e Tipografi Musicale di GIOVANNI RICORDI.

Contrada degli Omenoni N. 1720.