nazione,
ed assaporarne le bellezze conviene
farvi abitudine, e, come dice il dotto Félis.
«La musique miseà la portéé de tout le monde».
Porci nelle circostanze, nelle idee dei
tempi in cui fu scritta: conviene insomma
voler provare un altro |modo di esistere,
un altro tuono di sensazioni.
Nè ciò sarebbe senza molto vantaggio delf
arte nostra; poiché in quel modo che
scontransi nelle storie fatti che scuotono
la nostra sensibilità, riscaldano l’immaginazione,
e ci rapiscono a noi stessi, così
nella musica antica troveremo dei tratti di
somma bellezza, verità, e novità di espressione;
tratti che sono perduti per chi non
li sente.
Nè temiamo asserire che la nostra musica
melodrammatica non potrà dirsi aver
toccato il sommo grado di perfezione finché
la musica antica non sia divenuta popolare.
Allora sarà veramente sentita la relazione
intima dell’arte colla vita: allora l’artista
compositore potrà con una bella fusione
del carattere antico collo stile moderno
dare una tinta vera ed originale ai fatti
che si rappresentano nel dramma, ed essere
inteso
Ciò che dicemmo parlando dei canti caratteristici
nazionali, ripetiamo per la musica
dei secoli trascorsi; le bellezze di
quelli come di questa si trasfonderanno
sempre in vano nella musica drammatica
se il loro tipo non è conosciuto.
Ma fra tanta musica delle passate età
quale sciogliere, quale rifiutare come immeritevole
di attenzione?
Quella dei maestri più celebrati, perché
questi furono indubitatamente i migliori
interpreti del loro tempo; quella poi del
popolo che si riferisce ad interessanti avvenimenti
perchè ne ritrae certamente il
carattere, ecco la musica da sciegliere onde
studiarne l’indole, e fra queste la più semplice
e la più scevra da quelle complicazioni
di cui tutto il pregio consiste nel difficile.
E gli scrittori che di nulla meglio si
presero cura che di far valere la loro perizia
nel maneggio de’ più astrusi artifizii
dovettero sempre obbliare il sentimento,
e sagrificare l’affetto alla loro ambizione:
scrissero essi per sè, non per gli altri, nò
furono mai gli interpreti della natura. Basti
ad essi di essere a quando a quando osservati
nelle scuole del meccanismo.
Il richiamare a vita i capolavori della
musica antica servirebbe poi sempre ai moderni
scrittori di stimolo a produrre opere
degne di memoria; stimolo che va sempre
più mancando da che sì è fatta sì breve
la durata delle produzioni musicali che
pochi anni bastano a farle collocare fra
le cose viete e fuor d’uso.
Chiamino pure i freddi] calcolatori vanità
la gloria, non farà mai opera grande chi
non vi aspiri. Erostrato arse il tempio
d’Efeso per lasciare un nome immortale;
pensate come gelida debba riuscire l’idea
di vivere pochi e tristi anni sulla terra senza
lasciarvi traccia di sè! R. Boucheuon.
STURI BIOGRAFICI.
GIOVAMI WOLFAiVOO MOZART.
{Vedi il N. 57 di questa Gazzetta)
Giovanni Wolfango Mozart (•’ nacque ja
Salisburgo il 27 gennajo deli75G. Non mai
(i) Abbiamo trailo Io seguenti notizie dalia grande
Opera biografica.del sig. Fétis, e le arricchimmo di altre
raccolte in altri scritti.
organismo umano fu più del suo dotato di
felici disposizioni musicali, nè con segni più
certi si manifestò. Appena aveva egli tocco
il suo terzo anno, allorachè suo padre, Leopoldo
Mozart, distinto maestro’di musica, imprese
a darlezioni di musica alla sua sorella
maggiore 6). Da questo momento tutta l’attenzione
del piccolo Giovanni Wolfango fu
rivolta al pianoforte. Spesse volte ei cercava
le terze colle sue piccole mani, e se gli accadeva
di trovarne manifestava la propria
gioja con atti di un’esaltazione eccessiva.
Poco più che trastullandosi a questo modo
egli apprese i primi elementi della musica
e i principii della digitazione. Giunto appena
al quarto suo anno, meraviglia a dirsi!
suonava già con notevole espressione delle
composizioncelle ch’egli imparava con mezz’ora di studio tutt’al più, e già componeva
dei minuetti ed altri piccoli pezzi che
suo padre scriveva sotto la sua dettatura! Il
consigliere de Nissen pubblicò questi primi
saggi nella sua grande monografia di Mozart,
colla scorta de’manoscritti originali
in numero di ventidue. Tutti furono composti
negli anni tra il 1760 al 1762, vale
a dire quando T autore non aveva che
l’età dai quattro a’ sei anni, ed è veramente
cosa da far stupore chi osservi quelle
prime produzioni d’un genio che ingrandì
fino all’epoca della morte del meraviglioso
artista.
Nel 1762 Leopoldo Mozart fece un viaggio
a Monaco co’suoi due figli, ove entrambi
eccitarono non poco stupore. Però,
la vera ammirazione fu tutt’intera per il
piccolo Giovanni Wolfango, il quale all’età
di sei anni eseguì un concerto di pianoforte
alla presenza dell’Elettore. Nell’autunno
del medesimo anno la famiglia Mozart
si trasferì a Vienna ove produsse la medesima
sensazione destata a Monaco. L’Imperatore
erasi accostato al clavicembalo al
quale sedeva il fanciullo virtuoso; ma questi
chiese che gli si chiamasse Wagenseil, maestro
della Cappella della Imperiai Corte.
- Signore, gli disse, il piccolo Mozart, mi
accingo a suonare uno dei vostri concerti,
vorreste aver la bontà di voltarmi le pagine?
- Questa franchezza e confidenza in
sè medesimo fu una delle qualità speciali
al carattere di Mozart e si appalesò in lui
in tutte le circostanze della sua vita artistica.
Suo padre aveagli comperato a Vienna
un piccolo violino ch’ei seco portò a Salisburgo,
e del quale pareva si occupasse
niente più che come d’un giocatolo. Un
dì Werzel, musico della Cappella del Principe,
recatosi a consultare Leopoldo Mozart
intorno a un nuovo Trio da lui composto
volle provarne l’effetto. Ei si prese quindi
la parte di primo violino, diede quella di
secondo a Schachtner altro musico della
Corte, e a Leopoldo Mozart il basso. Mentre
i suonatori facevano i preparativi il piccolo
Giovanni Wolfango si pone a sedere accanto
a Schachtner, armato del suo piccolo violino,
e pretende raddoppiarne la parte, malgrado
le rimostranze di suo padre. Non ci
fu caso di impedire ch’ei facesse la sua
volontà; se non che, scorse appena alcune
battute ecco i tre vecchi professori guardarsi
in viso l’un l’altro stupefatti al vedere
un fanciullo di sette anni cui non
erano mai state date lezioni di violino, eseguire
con esattezza la propria parte. Meravigliato
di tanta felice audacia, Schachtner
cessa dal suonare, e il piccolo Mozart va
sino al fine dei tre Trio senza punto esitare.
Nel mese di Luglio del 1703 Leopoldo
Mozart intraprese un lungo viaggio fuori
della Germania coi suoi due figli. Monaco
fu la prima città ch’essi visitarono. L’entusiamo
che il prodigioso fanciullo vi aveva
destalo alcun tempo prima si risvegliò allora
quando lo si udì suonare nella medesima
Accademia un concerto di pianoforte
e uno di violino, e farsi a improvvisare sui
temi che gli venian dati. Amburgo, Maneim,
Magonza, Francoforte, Cobìenza,
Colonia, Aquisgrana, Brusselles, accolsero
in seguito i due artisti adolescenti coi più
vivi applausi. Arrivata a Parigi nel novembre
dell anno stesso la famiglia Mozart
non trovò in questa capitale altro appoggio
sulle prime che la proiezione del barone
di Grimm, il quale poi nella sua Corrispondenza
letteraria offerse delle interessanti
particolarità sull’infanzia dell’illustre
compositore 6).
A nostri giorni, malgrado i prodigi che
da tanti anni in poi hanno stancata la pubblica
attenzione, un fanciullo dotato dello
straordinario ingegno conceduto dalla natura
al piccolo Mozart, appena si sporgerebbe
al pubblico e tosto la generale ammirazione
assicurerebbe ad un tempo la sua fortuna
e la sua fama. Ma a’giorni di cui parliamo
le cose procedevano ben altrimenti. La sola
Corte poteva giovare alla riuscita di un
artista straniero. Mercè la protezione di
Grimm che a Mozart procurò quella del
barone di Holbach, del conte di Fesse, del
duca di Chartres è della contessa di Clermont,
la famiglia Mozart fu invitata a recarsi a
Versailles ed ebbe l’onore di essere presentata
al Re. Wolfango suonò di pianoforte,
improvvisò, e ricevette unanimi dimostranze
di ammirazione.
Le principesse del sangue, le duchesse e
le marchese avevano dato il primo cenno
dell’entusiasmo, e la moda era venuta in
soccorso al giovinetto artista il cui nome
in pochi giorni fu proferito in tutte le
conversazioni di Parigi come quello di un
genio raro. Però il padre di Wolfango mentre
si compiaceva delle carezze e dei baci che
si prodigavano a suo figlio, si lagnava che
i guadagni non andavano del pari e si risolse
di strasferirsi a Londra (2).
Nella Capitale dell’Impero britannico il
fanciullo prodigioso destò la medesima ammirazione
che a Parigi. Già fin dall’età di
sei anni ei suonava l’organo in un monastero
della Germania con tanto gusto e
bravura che i frati per udirlo, lasciavano
spesso la tavola per trasferirsi dal refettorio
nella Chiesa. Non è quindi meraviglia che
a Londra ei venisse chiamato 1 Handel dell’organo.
Alle accademie da lui date in pubblico
accorse una folla straordinaria di spettatori
i quali furono meravigliati che la
musica da lui cou tanta bravura eseguita
fosse quasi tutta di sua composizione.
Verso la fine del 1765 la famiglia Mozart
lasciò Londra ove ella aveva dimorato
quasi la mesi, e continuò le sue trionfali
peregrinazioni, destando dappertutto il piccolo
Wolfango un’ammirazione e un entusiasmo
che quasi saremmo tentati a credere
esagerati. Al fine dopo tre anni di
viaggio
restituì
il futu
(1) Maria Antonia Mozart. Alcuni anni fa ella viveva
ancora a Salisburgo c all’età di sèttantasette anni aveva
perduta la vista.
(1) Da altri scritti riguardanti l’infanzia di Mozart,
raccogliamo ch’egli possedeva una grande disposizione
agli studii matematici, e che per un bel pezzo la sua
passione per la scienza delle cifre disputò nel suo animo
l’impero a quella dei numeri armonici.
(2) Ei soleva dire agli amici: Se invece di carezze e
di baci si prodigassero a mio figlio delle buone monete
lo cose andrebbero meglio per la mia borsa...