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GAZZETTA MUSICALE

N. 35

DOMENICA
28 Agosto 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


SCmZZI BIOGRAFICI. ALESSANDRO SCARLATTI. a storia della musica porge alla savia considerazione del critico generai successione di progresso e una serie speciale di disg-* verse epoche di decadimento alle quali di tempo in tempo, per l’ingegno e virtù di molti artisti eccellenti, è stato posto, per mezzo di salutari e felici riforme, conveniente rimedio. Non per altra via poteva l’arte essere nobilitata a pervenire ad uno stato fiorente se non per quella della sperienza dei mali e pel guiderdone dell’encomio dei dotti onde va retribuita l’opera di que’ savii che si oppongono validamente all’abuso. Dopo i primi saggi dei famosi inventori del melodramma, Ri miccini, Caccini e Peri ri), come si venne ingenerando l’abuso del maraviglioso ne’ favolosi soggetti e nelle sceniche decorazioni, cosi la musica incominciò a trascorrere in soverchia estensione di scienza, e tutti quegli argomenti onde può quest’arte meglio mostrarsi ingegnosa e materiale di quello che semplice, ispirata e spontanea, come sono i canoni, le fughe, i ricercaci, le imitazioni continuate, ecc., furono introdotti nel melodramma. Ora, dappoiché Alessandro Scarlatti fu il primo che validamente si facesse incontro a questo abuso assumendo uno stile semplice e piano, ottimamente (secondo che portava lo stato e la condizione dell’arte al suo tempo) proporzionandolo e temperandolo alla espressione de’ sentimenti poetici e alla ragion drammatica del fatto, ebbe da’ suoi contemporanei ammiratori nome di compositor prodigioso ed insuperabile, e fu eziandio da quelli che vennero appresso venerato e stimato assai. Noi che dopo due secoli di cotanto progresso dell’arte veniamo a parlare di lui, intendiamo rendergli il merito singolare dell’iniziata riforma, la giusta lode che meritano le sue composizioni rispetto al tempo in che visse, e del pari non preterire quel savio avvedimento onde elle vogliono essere comparativamente giudicate oggidì. Non sempre la celebrità e il nomo dell’artefice corrispondono alla verace eccellenza delle òpere; ma in cose di belle arti, spesso i gran nomi primitivi e i grandi inventori che operarono nell’infanzia dell’arte cedono, per lo paragone de’ pratici saggi, ai mediocri successori e agli imita(1) Veggansi gli articoli sulla Invenzione del melodramma dati in questa stessa Gazzella. tori più remoli che operarono ne’ tempi più fiorenti. Per la qual cosa strano errore è di molli presumere di entrare in siffatte materie senza la continua e fedele scorta della critica dei tempi. A lei sola è dato mettere in chiaro quelle tante discrepanze di giudizii che altro non sono che un mistero alla mente de’ più; a lei sola rifornire alla storia quei lumi filosofici onde gli avvenimenti si possono dalle loro cause ed origini descrivere con intelligenza di tutti e con frutto di universale ammaestramento. Nacque Alessandro in Napoli l’anno 1050; e poiché fatto grandicello mostrava facoltà di buona voce ed ingegno inchinato alla musica, studiò in patria il canto, e in una delle migliori scuole che allora fossero in Napoli attese ai [trincipii dell’armonia e della composizione. Ma perciocché egli in sua gioventù fu ancora eccellente suonatore di arpa, e divenne poscia dopo continuati studii grande compositore secondo il suo tempo, noi vogliamo osservare che l’arte di suonare l’arpa o l’organo o il cembalo è sempre stata ed è tuttavia la miniera onde derivano i grandi maestri: e come fu detto, rispetto alla pittura, che l’arte dell’orafo è sempre stata il seminario dal quale sono usciti i grandi artefici, così quanto alla musica, la pratica de’ suddetti slromenti (siccome quelli che meglio d’ognt altro datino idea della ragione armonica e del complesso di più parti) raro è che non sia la prima occupazione di coloro che nella composizione divengono eccellenti. Sentendo adunque Alessandro quanto a quei dì fosse celebrato il nome di Jacopo Carissimi maestro della Cappella Pontificia, ed avendo avuto opportunità di udire alcune composizioni di quel maestro cbe gli parvero prodigiose, specialmente per l’effetto delle dissonanze, (delle quali il Carissimi, dietro a Claudio Monteverde, che primo le aveva nella composizione introdotte si compiacque farne discreto uso) deliberò di andarne a Roma per avere ivi agio di imparare quella maniera acconciandosi presso il Carissimi in qualità di alunno della Cappella. Veggendo Jacopo, con quanto amore il giovane attendeva agli studii e come mostrasse un ingegno elevato e molto desideroso di tentar cose nuove, gli pose singolare affezione e con grande amore lo ammaestrava: tanto che in pochi anni lo tirò innanzi nell’arte e lo condusse a termine di poter fare da sé. Aveva Alessandro, per cagione degli studii fatti, e per la virtù del suo ingegno, che in lui mirabilmente operava, potuto vedere come l’arte si sarebbe agevolmente resa migliore dando alla melodia più cospicue forme e tentando nuovi armonici effetti, lo cbe ardito non aveva peranco maestro nessuno: tal cbe, se prima le composizioni del suo maestro gli erano sembrate prodigi, comparandole poscia colle recenti idee da lui concepite, gli tornavano puerili e meschine. Per la qual cosa, l’alto animo, incominciò a far sentire in pubblico le cose sue, ed avendone molto plauso ottenuto, e destatane l’invidia degli altri maestri cbe allora erano in Roma, conobbe di potersi liberamente commettere al suo genio con isperanza di buon successo. (Sarà continuato). DELLE PRESENTI CONDIZIONI DELLA MUSICA IN ITALIA SECONDA REPLICA AL SIG. NIELLIMI (1). (Vedi il foglio IV. 33.) Le ragioni da me recate in prova dell’odierno decadimento della musica voi le riportaste in parte, in parte le taceste: io le ripeterò tutte perchè è dal loro complesso cbe emerge la verità. La musica, dissi, è decaduta, perchè la grandezza delle arti non si misura dal nome de1 molti artisti viventi o vissuti, ma dal valore e dal numero sempre crescente delle vere opere grandi. Ella è decaduta perchè da vent’anni in poi il ceppo della musica italiana non ha dato più verun rampollo che sia da porsi a fronte di quelli che germogliarono vent’anni avanti. Ella è decaduta perchè col debito rispetto di tutti, i compositori cresciuti in quest’ultimo tempo (I) No giova ripetere quanto abbiamo gii detto altra volta, elio cioè se insistiamo nel confutare a lungo c per minuto l’opinione del sig. Mcllinìin riguardo al tanto da lui vantato attuale stato di prosperili della musica italiana, sì il facciamo perchè Siam persuasi essere in essa opinione formolato il modo di sentire, in fatto di cose musicali, di una gran parte di coloro che si occupano di simili disquisizioni. E con tanto maggior impegno poi combattiamo gli erronei giudizii di eia vorrebbe a tutta forza dipingerci i giorni presenti come un’invidiabile età dell’oro della musica italiana, dacché siatn persuasi clic nulla vi ha che maggiormente ritardi il vero incremento dell’arte quanto il venir predicando incautamente ch’cssa è al sommo de’ suoi progressi e addormentarla quindi in questa felice ma ingannevole opinione. L’amore al proprio paese non si prova già con vuote millanterie o col farsi adulatori smaccati delle patrie mediocrità, c ingiusti c beffardi derisori del inerito degli stranieri, ma bensì col proclamare arditamente il vero anche allorquando la manifestazione di esso riesca tutl’altro che lusinghevole alle vanità cittadine. Se i giornali lcttcrarii cd artistici non si dedicano a questo difficile, scabroso ma utile ufficio, a quale miglior prò vorremo farli servire? Z’JEsIen». Ili