sere loro scorta nel medesimo tempo per
mezzo alla tempestosa vita dell1 artista e
porger loro il destro di prestarsi al sollievo
delle umane miserie! Quanto eglino s’acquistano
di corone e di onori si tengono
per sé, e quanto accumulano di ricchezze,
con coloro il dividono che furono da fortuna
duramente trattati, compensando per
tal modo le gravi ingiustizie del tempo.
Così fece Liszt a Parigi nel 1841, e così
ivi ha pur fatto testé nel 1842.
Sono già parecchi anni che si parlava di
un monumento da innalzare a Beethoven,
nella città di Bonn, patria di quel re della
sinfonia. La società de concerti di Parigi,
dimentica che ella dovea pur riconoscere
la sua esistenza dalle opere di questo genio
maraviglioso, sorda era stata agli inviti che
le si erano fatti, e, sforzata pare a rispondere,
s1 era anche mutola dimostrata.
Giunge Liszt a Parigi; e, fattosi benevolo
il suo pubblico in una o due mattinate
tenuto nelle sale di Erard, egli raduna
questo pubblico medesimo nelle sale dei
Conservatorio, nel locale dato alle tornate
della società dei concerti, e fa che ciascun
membro di questa società intervenga in
pei’sona e concorrano così all’opera pietosa
da lui diretta. Tutti possono ricordarsi
quanto fosse magnifica quella solennità, e
qual fosse l’entusiasmo dell’uditorio, e
1 arte prodigiosa e f incomparabil valore
di colui per cui opera principale quell1 omaggio
si rendeva. Il programma pareva
fatto unicamente per glorificare l’immortale
Beethoven, poiché si componeva di una
sua sinfonia inedita a Parigi, del concerto
in mi bemolle, dell ’Adelaide, della Sinfonia
pastorale e della suonata a Rreutzer
eseguita pel pianoforte da Liszt pel violino
dal sig Lambert Massai’, degnissimo
di competere per ispirazione, vigore e
delicatezza col più sorprendente dei veri
virtuosi moderni. E ciò è quanto al I84l.
Quanto al 1842, il caso é stato diverso.
Una numerosa compagnia di cantanti tedeschi,
adescata da una falsa mira di guadagno,
ne va in frotta a Parigi per fare
ivi sentire nella stagione d1 estate i capolavori
della musica germanica che sono il
Freyschutz, l’Euryanthe. f Ol/eron. la
Pieciosa, di Weber, e il Fidelio, di Beethoven.
e per far ivi conoscere diversi altri
compositori tedeschi di secondo ordine,
ecc, eco, ecc. Niuno ignora il tristo
successo di questa intrapresa, l’inferiorità
degli artisti incapaci di sostenere le parti
primarie, incapaci, da una sola attrice in
fuori, di affrontarne le molte e somme difficoltà.
Insomma niuno ignora la completa
caduta di quel teatro. Quantunque questi
infelici cantanti tedeschi si trovassero a
Parigi senza alcuna risorsa e in istato di non
potersene procurare, la più parte pensavano
a ripatriare; ma senza mezzi da fare
il viaggio, erano divenuti oggetto della pubblica
commiserazione. Allora alcune dame
cospicue si propongono di rimandar quegli
esigliati alle loro famiglie. Liszt tosto è là:
alcuni dei suoi accordi in sul pianoforte
pagheranno ottimamente le spese di viaggio
per una trentina de’suoi compatriotli! Mercè
lo zelo delle dame protettrici tosto sono
nella capitale distribuiti ben sette o ottocento
viglietti da 20 franchi l’uno; il sig. colonello
Thorn, aprendo i suoi splendidi appartamenti
agli affollati uditori, rende questa
mattinata una solennità veramente principesca.
Un pezzo prima dell’ora posta, i
sedili tutti si riforniscono delle più leggiadre
tolette del mattino. I coristi tedeschi
147
che dovevano andare alternando col pianoforte
sono al loro luogo. Incomincia il
concerto. I cori sono diligentemente eseguiti
ed hanno applauso; in ciascun passo,
gli spontanei bravo interrompono il grande
pianista: lode a Dio! questi bravi tedeschi
hanno già valicato il Beno; essi hanno già
tocco il suol nativo.
Dopo otto o dieci giorni, il maire di
Neuilly mise insieme un concerto a profitto
de’ poveri del suo comune. Liszt per
buona sorte è ancora a Parigi; a lui si
volge il maire, e Liszt che disdegna di
suonare a Parigi per sé stesso, va a Neuilly
a suonare pei poveri. L’eccellente violinista
Franchoinme, la celebre cantante
Dorus gli sono compagni. I poveri di
Neuilly avranno del pane.
Recitare i miracoli ili quel suo modo inaudito
di esecuzione, di quella forza dominatrice
che padroneggia ancora i grandi voli
dell’ispirazione; dire l’incredibile incanto
di quel prodigioso maneggio, le sue trasformazioni
sempre peregrine e inaspettate; dare
idea di quella tastiera chemugge a somiglianza
della tempesta, che come il lampo balena,
che qual folgore scroscia e scoscende, poscia
canta, geme e singhiozza a guisa delle
b 01 i •
voci umane, o risuona ecl echeggia con note
vibrate, articolate e granite come quelle
dello staccato di un violino, o con prolungate
vibrazioni come d’argentea squilla,
o con accenti repressi e smorzati come i
maestosi suoni dell’arpa; tutte queste cose
noi non sapremmo acconciamente descrivere.
Singolare è ed inimitabile l’ingegno di
Liszt specialmente per questo che quanto
più si sente, tanto più ci torna nuovo,
gradito e inaspettato. Guardate gli altri
pianisti, essi non v’impediranno di potere,
dopo ascoltatili, rendere loro il merito dovuto,
dietro un esame imparziale -e comparativo
delle loro qualità; perchè noi ci
sappiamo che dopo aver prese le mosse da
un dato punto, essi arriveranno a un certo
confine determinato: noi ce li rappresentiamo
in somma tuli quali sono. Questo
non si può fare di Liszt. Voi lo sentirete
dieci, venti, cento volte; invano vi argomentereste
di’ poterlo stimare tutto quello
che egli è. Egli mai non è somigliante a
sé stesso se non in questo di cagionar
sempre novella sorpresa. Egli isfugge all’analisi, egli distrugge e delude ciò che
gli ascoltanti s’aspettano, e confonde e sovverte
le rimembranze; e ciò perchè l’ingegno
di Liszt non solo è chiaro per un
carattere dominante che è sovente cagione
della fortuna degli altri artisti; egli tutti li
possedè; la gravità, l’impeto, la passione,
la possanza, l’aggraziata leggiadria, il candore
innocente, il mordace sale dell’ironia,
e la fantasia del poeta. Per la qual
cosa pazzo consiglio sarebbe quello di tentare
una imitazione di tutti questi caratteri
gettati in un solo, di lutti cjuesti tipi che
formano un unico tipo originate e individuale,
difficile eziandio ad essere ne’suoi
secreti descritto.
Nella mattinata a profitto dei tedeschi,
Liszt suonò (*) una bella fantasia sopra alcuùi
motivi del Don Giovanni di Mozart,
l’Ave Maiia di Sclmbert, nella quale, per
nostro avviso, non ha ben fatto a sostituire
una cupa ed esagerata maniera alla commovente
espressione supplichevole di che
è pieno questo pezzo; il Re degli Aulnes
(Erlen Iloenig) del medésimo autore, pezzo
reso da Liszt sotto i più vivi colori nel
(I) V. Gazzetta Musicale V. 29.
suo doppio carattere, e la fantasia sul Roberto
il Diavolo, vero capolavoro del genere
alla moda oggidì fra i pianisti, nel
quale egli ha saputo infondere nuova virtù
di effetto nei motivi [irosi dall autore drammatico,
sia per le nuove bellezze che egli
ne seppe trarre, sia per la perfetta e incredibile
bravura onde egli li ha insieme
innestali. Nel concerto di Neuilly, egli s’è
latto sentire col suo magnifico andante della
Lucia, e con questa medesima fantasia sul
Roberto il Diavolo.
Ma questa incomprensibile arte di eseguire,
e que1 maravigliòsi capricci ispirati
dallo opere dei maestri, sono una sola parte
del valor singolare di questo artista straordinario.
Egli vuole essere altresì apprezzato
come vero e serio compositore, originale,
lirico e polente. 11 coro di studenti
sopra parole traile dal Fausto di Goethe;
la canzon baccanale per voci sole, ci sono
sembrate composizioni di bel canto scorrevole,
franco, ardito e fraseggiato alla maniera
tedesca. L’ultimo di questi pezzi può per
avventura accusarsi di troppo essere concertato
e troppo raggirato trattandosi di
parli affidate alle sole voci. Ma questo è
difetto comune a tutti i maestri tedeschi,
e che può togliersi di mezzo con una perfetta
esecuzione.
Sempre noi abbiamo aspettato molto
da Liszt ed ora più che mai nella sua qualità
di compositore; così sorprendenti qualità,
organizzazione così musicalmente profonda,
danno a sperare in lui assai più che un esecutore
per prodigioso che egli pur sia. Il suonatore
sparirà un giorno, e altro non lascierà
che delle memorie, ma il compositore lascierà
delle opere.
(Dal Monde Musicale.)
G. d’Oiiticue.
STORIA DELLA MUSICA.
ORIGINE
OEIìIìA MUSICA ECCEESIASTICA (1).
Dopo la morte di Nerone, la musica fu
dichiarata infame, i musici furono cacciati
di Roma, e la scienza rifuggì fra i primitivi
cristiani che la posero in opera nelle
Chiese e nelle usanze della vita privata.
Mentre le cose così procedevano in Italia,
gli apostoli e i loro successori introdussero
la musica nelle religiose cirimonie dell’Oriente,
a Gerusalemme, ad Antiochia, e
finalmente in tutti i luoghi ove si trovavano
i seguaci di Gesù Cristo, le laudi del
Redentore erano da per tutto celebrate con
cantici e con salmi.
Il Padre Martini pensa, nè questa è opinione
mal fondata, che l’attuai nostra musica
di Chiesa derivi da quella aulicamente
cantata nel tempio dagli Ebrei. I salmi di
David erano sovente cantati da Gesù Cristo
e da1 suoi apostoli ne1 loro esercizi! di pietà,
ed eziandio in sulla croce il Redentore
esprimeva i suoi dolori colle parole del
reale profeta. Probabile è altresì che questi
salmi medesimi fossero la consolazione di
san Pietro e di san Paolo nella loro prigionia;
e quando quest1 ultimo esortava
quei d’Efeso a lodare il Signore con salmi
e con inni, le produzioni sublimi del cantor
d’Israele erano proposte modello di poesia
e di canto.
Ne1 primi tempi della Chiesa cristiana la
musica era una parte principale del culto
(t) Vedi la nota A all’articolo t.° Musica de’Greci
nel foglio N. 27 di questa Gazzetta.