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stema adottato, la signora Abbadia potrebbe non tardi accorgersi che il voto degli schiamazzatori da platea non è quello che conferisce i migliori titoli ad una incontestabile celebrità...

Se male riuscirono alla Scala i nuovi spettacoli dati, al Re il modesto Columella trovò maggior fortuna specialmente ne’ pezzi comici. E a noi pure ne piace lodare il bizzarro coro de' pazzi; e molto più il bellissimo terzetto de' tre buffi, assai lodevole per un brioso ed intrecciato parlante e per l’ingegnosissimo contrasto delle parti cantanti, cui trovasi sottoposto, abbenchè non nuovo, un elegante e ben ragionato istromentale. Non esitiamo a dire che questo terzetto può bastare da sè solo a far chiaro il nome d'un autore.

Anche il teatro Carcano ne avea dato speranza di qualche novità musicale, ma le recite furono tronche anzi la fine, destino quasi consueto cui va soggetto questo teatro, che ha la disgrazia di essere o di sembrare troppo lontano dal centro della città; vera disgrazia, perchè esso sarebbe e per la sua limitata vastità, e per l’invidiabile sua sonorità, il migliore de’ teatri di Milano che alla musica vengono destinati.

Queste furono le fredde sorti del melodramma nella decorsa stagione.

Ora da poche sere si riaperse il Re con nuova schiera di cantanti. Nel vario numero de’ spartiti che ne si promettono pei mesi di Luglio e Agosto, giova rimarcare che ne avremo tre nuovissimi per Milano, come nuovissimi ci sono i loro autori. E di ciò dobbiam compiacerci.

Intanto si diede principio a questo corso di recite colla sempre fresca e cara Lucia di Donizetti, che offerse campo al tenore signor Pancani, di mostrarsi dotato di fina intelligenza nel canto e buon metodo. Il signor Bartolini è un buono e sonoro baritono, e la sua voce rinviensi con giusta scuola sviluppata in ispecial modo nelle note acute, cosa che ne spiacque di non aver potuto notare nel sullodato signor Pancani, il quale, se non ci inganniamo, potrebbe con non lungo studio trarre doppio partito da’ suoi mezzi vocali. L’altro basso sig. Catalano vuol esser pure nominato con lode, e sarebbe del pari a desiderarsi che i grandi teatri non perdessero di vista siffatti artisti, che con rara modestia si accontentano di sostenere le parti secondarie in tempi, ne’ quali ogni più meschino cantore tende a volersi arrogare il fastoso predicato di assoluto. La signora Tirelli canta ed agisce come ella sente di dover cantare ed agire. Se ella poi senta si o no rettamente, lascieremo giudici i nostri imparziali e colti dilettanti....

Quello però che anche al Re si fa a modo de' grandi esempii de' grandi artisti del giorno si è che si grida a tutta furia, non curandosi nulla nè del buon senso, nò meno ancora dell intonazione, nè quel che più importa del risparmio de’ mezzi vocali, che perduti una volta non si riacquistano più.

Del resto anche qui il pubblico batte a tutta forza-delle mani e de’ bastoni, e dopo codeste specie di schiamazzi è naturale che i signori artisti abbiano ben poca voglia di curarsi delle nostre prediche e delle nostre condanne.

A. M.


STABAT MATER


DEL CELEBRE ROSSINI


ESEGUITO IN FIRENZE.


(Diamo luogo in questa Gazzetta al seguente articolo comunicatoci da un nostro collaboratore corrispondente. Per le ragioni che il lettore saprà farsi da sè, crediamo necessario avvertire che alcune tra le opinioni manifestate, in esso articolo intorno allo Stabat rossiniano sono da considerarsi come al tutto speciali dell’autore dell' articolo stesso).

A colui che sul mezzogiorno del 26 giugno corr. entrava nel magnificò Salone di Palazzo-vecchio, grande ed imponente apparato si presentava. Un migliaio e mezzo di spettatori, tutti comodamente seduti in faccia a cinquecento musici schierati sopra il più alto ripiano della gran Sala, e simmetricamente disposti in un palco a spalliera espressamente erettovi, indicava esser quivi prossimo l’incominciamento di una gran solennità musicale. Era il Comune di Firenze che a maggior decoro delle annuali feste solite a celebrarsi in onore del Santo Battista, venerato protettore della città, ed a filantropico benefizio degli Asili infantili, offriva al pubblico questo grandioso trattenimento. Il già tanto famoso Stabat di Rossini doveasi quivi gustare per la prima volta nella sua integrità, ed insieme alla grande Sinfonia del Guglielmo Tell, formar dovea tutto il soggetto del trattenimento medesimo. Questa tranquilla ed oziosa assemblea die’ manifesti segni di allegrezza all’apparire dell’amatissimo Sovrano della Toscana, il quale in compagnia di varii membri dell’I. e R. Famiglia si degnò far parte dell’uditorio. Al triplice plauso universale reso ad onore dei reali Personaggi successe il più profondo silenzio, e fu in questo stato di moral concentrazione che si mossero dall’Orchestra quei primi suoni gravi, lenti e melanconici, con che ha principio quella bellissima opera dello Stabat.

Volendo in prima parlare della esecuzione musicale diremo che ella riesci ad un tal grado di perfezione da renderne quel pubblico pienamente soddisfatto; ed ognuno potè riconoscere, come incominciando dai principali capi fino all’ultimo corista, o all’ultimo sinfonista, tutti gli esecutori agivano col massimo impegno, non tanto per la venerazione che ognun risente pel gran compositore, quanto per sostener la gloria musicale italiana, e specialmente in questo caso la fiorentina. Non vi fu di notabile pei maggiori intendenti, che un qualche disequilibrio nei gran forte dell’Orchestra prodotto dalla sovrabbondanza degli stromenti in ottone. Le parti principali del primo e del secondo soprano furono sostenute dalle signore Teresa Brambilla e Carolina Sabatier-Ungher, e quelle del tenore e del basso dai signor maestro Ferdinando Ceccherini e Camillo Fedrighini. La direzion generale era affidata all’espertissimo maestro Pietro Romani, che volle anteriormente trasferirsi a Bologna per consultare l’illustre autore sui migliori modi di esecuzione di questa ultima sua famigerata opera; l’orchestra fu magistralmente condotta dal nostro benemerito Cavaliere Ferdinando Giorgetti. I nomi di tutti questi eccellenti artisti risplendono tanto chiari e sono ormai tanto noti nella repubblica musicale, da non abbisognare di ulteriori encomi. Ciascuno dei dieci tempi in cui è diviso lo Stabat fu al sommo gustato ed applaudito: ma ove nella udienza si risvegliò un maggiore entusiasmo si fu nel primo tempo (Stabat Mater, ecc.). nel quinto tempo senza stromenti (Eja Mater) che a soddisfazion generale per due volte ebbesi a ripetere, e nell’ottavo tempo (Inflammalus, ecc.) Sembra degno di esser notato un fatto che pare annunziare un progresso negli uditori. L’uso invalso di prorompere in applausi appena che il cantante compie l’ultima nota della sue parte in ogni pezzo ove egli abbia eccitato vive sensazioni, toglie sempre quell’effetto che debbe produrre un’aggiunta stromentale che il compositore per lo più vi unisce, o per render pienamente compita quella parte di composizione, o per legar questa con ciò che ne debbe succedere. In tutto il corso della esecuzione dello Stabat Mater, meno alcune poche volle di maggior trasporto, il pubblico attese sempre l’ultima nota dell’orchestra per esternare alla fine d’ogni tempo la sua interna soddisfazione.

Ma che diremo del lavoro del gran maestro compositore? Il gusto musicale così multiforme, così vario, così dipendente dallo stato fisico, dal grado di incivilimento, da mille abitudini individuali talvolta strane e ridicole può egli mai formularsi e ridursi ad una unità cosmopolitica? Rossini io ha tentato, e sembra esservi riuscito. La musica del suo Stabat è cosi variamente colorita nello stile, che a prima vista direbbesi opera fatta in varie epoche, o ritoccata a più riprese dall’autore istesso, se non lavoro di varii artefici, od è per questo appunto che ogni uditore ritrovando in tal composizione se non tutto almeno una parte del proprio tipo, non può ammeno di gustarla ed ammirarla; cosicché lo Stabat di Rossini in Firenze generalmente ha piaciuto a tutti.

La collezione degli scritti pubblicati fin qui sul rossiniano Stabat credo che già formar potrebbe un grosso volume. Ma tralasciando tutti quelli di niun significato per l’arte perché ristretti a pubblicar le lodi dell’autore, diremo che ci sembra rinvenire un difetto in quei pochi dettati da uno spirito di analisi e di critica, ed è quello di non aver preso a considerar quest’opera nel suo vero punto di vista. Alcuni, e specialmente gli oltramontani, opinano che la musica dello Stabat di Rossini non è musica da Chiesa, persuasi che quest’arte impiegata nel culto cattolico deliba costantemente ritenere le forme del medio evo, dimentichi forse che la musica nelle sue varie diramazioni è sempre la viva espressione dello spirito del secolo che ella percorre, il di cui progresso e variabilità non polendo arrestarsi, per conseguenza non può quella rimanersi stazionaria, senza divenir nulla ed insignificante. Egli è vero che il dotto artista scorge nelle opere del Palestrina un mistico e profondo sentimento espresso con un tal meccanismo d’arte da recar sorpresa ed ammirazione; ma queste forme musicali costituiscono un linguaggio incognito, e per conseguenza insignificante alla vivente cristianità d’oggi nel secolo XIX, perchè non conforme al comun modo di sentire e di pensare. Per tal ragione nello scorso secolo l’autorità dell illustre Padre Martini non valse a diminuire il pregio e la fama dello Stabat di Pergolesi da lui qualificato per lavoro di stile profano e teatrale, e molto discosto da quel tipo che egli stimava degno della Chiesa, e di cui ne offriva i precetti e gli esempii nella sua dottissima opera di contrappunto sul canto fermo.

Altri scrittori han detto esser bellissimo il componimento musicale di Rossini, ma mancante dello spirilo religioso. So questa semplice indicazione fosse stata pienamente sviluppala, credo al certo che si avrebbe fatto molto guadagno nella parte estetica dell’arte, astrazion fatta da ogni applicazione, a quest’ultimo lavoro di Rossini, giacché si sarebbe trattato 1.° di stabilir precisamente qual sia lo spirito religioso che domina attualmente le moltitudini cattoliche; 2.° di indicare quali forme musicali dovessero adoprarsi ad esprimere o rappresentare questo spirito medesimof 1. Ma a mio giudizio lo Stabat dell’immortal pesarese debbe sottoporsi ad altro esame, e parmi che giudicar si debba come lavoro non dedicato al servizio della Chiesa, ma appartenente alla classe degli Oratorio, vale a dire considerarsi come opera del genere misto che partecipar deve della vaghezza dello stile drammatico e della severità dello stile rigoroso. Ed in fatti ben si scorge che Rossini ha voluto piena libertà di concetto nelle sue creazioni, nè ha creduto in questo suo lavoro assoggettarsi in nissuna maniera alle esigenze del culto della Chiesa. Ciò si rileva dalle grandiose dimensioni delle forme musicali da esso quivi impiegate, le quali portano tutto il componimento ad occupare un lasso di tempo non comportabile, nelle nostre sacre cerimonie del cattolicismo. Di più il lusso e lo sfoggio della stromentazione, da cui effetti sorprendenti ritrae, non sarebbe sempre adattabile nelle nostre Chiese, nè le parti principali vi potrebbero esser, in quanto ai soprani, sostenute dallo vere voci per cui sono scritte, giacché in grazia di un maggiore incivilmento non abbiam più nella società di quegli esseri neutri una volta a ciò destinati, né alle donne è permesso prender parte nella musica che si eseguisce nelle Chiese cattoliche.

Considerato dunque lo Stabat Rossiniano come musica d’Oratorio spariscono all’atto quelle maggiori taccie in cui fin qui era incorso presso i suoi critici più ragionatori; nè certamente è da farsi conto alcuno di quelle piccole mende che taluni pretendono rinvenirvi. Queste in fine non son tali da recar disturbo al sentimento musicale degli uditori; l’esperimento ce ne accerta. - Ma vi siano pure - e qual è l’opera umana senza una macchia d’imperfezione? Ricordiamoci che all’uomo è negata la perfettibilità: il creder diversamente è stoltezza; anche il sole ha le sue macchie, nè per questo è meno risplendente1.

Luigi Picchianti.


VARIETÀ.


— Si sta apparecchiando a Brusselles una grande pompa musicale che avrà luogo il dì 21 prossimo Luglio, giorno anniversario dell’ entrata del re Leopoldo nella sua capitale quando venne a prendere possesso del trono che ollfferto gli avea la nazione, il sig. Fétis ha concepito il piano di questa solennità; egli ha convocato le scuole e le società di musica delle diverse città che hanno promesso il loro concorso, e si riuniranno per questa circostanza al Conservatorio di Brusselles. Dietro ciò che si può prevedere, contando il numero degli interventori che hanno già accettato l’invito, vi saranno incirca trecento voci e un centosettanta strumenti. Si eseguiranno brani di grandi compositori, fra i quali si citano varii pezzi del Paulus, Oratorio di Mandelsshon: già sono state distribuite le parti di canto affine di poter fino da questo momento procedere agli studii e alle prove parziali. Il concerto avrà luogo di sera in una Chiesa che dopo il gran concerto dell’anno 1834 fu trasformata in un locale ove si festeggiano tutte le grandi cerimonie nazionali. Circa a tremila uditori possono essere commodamente disposti in questo gran vaso. La commissione direttrice della festa ha deciso che per richiamare il maggior numero che si possa di spettatori intelligenti e capaci, di gustare il genere della musica che si eseguirà, il prezzo d’ingresso sia il solito degli altri concerti ordinarii. Questo è un savio provvedimento. Siccome queste riunioni, che del resto hanno luogo di rado per cagione dell’imbarazzo e difficoltà che porta lo scioperarsi d’uomini abitualmente occupati; siccome queste riunioni, dicevamo, sono intese a popolarizzare il gusto dell’arte musicale, non si deve, per

una falsa mira di lucro, limitarsi ad attrarvi un pubblico

  1. Fu per altro sempre lecito, anzi fu dovere degli osservatori diligenti il venir notandole queste macchie e additarle a coloro che troppo sarebbero inclinati a lasciarsi abbarbagliare dalle meravigliose splendidezza del grand’astro.

    L’Estens.

  1. Lo Stabat di Rossini venne considerato sotto questi diversi punti di vista dalle più gravi Riviste francesi, la Revue de Paris, la Revue des deux mondes, la Revue indépendante ed altre. Veggasi inoltre la brouchure intitolata Observations d’un’amateur non dilettante, ecc.

    L’Estens.