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Il Fontani, nella prefazione che egli fece alla nuova edizione dei libri di Vegezio in Firenze 1815, vuol rivendicare a Bono giudice, dietro l’autorità del codice Riccardiano, che abbiamo citato, quest’operetta. Il Nannucci pare che sia dello stesso avviso, e prudentemente il prof. Bartoli si astiene da ogni giudizio.
Il Favaretti, nella prefazione alla traduzione della Storia della letteratura latina del Teuffel, citando il Fontani, nega a Guidotto d’aver composto l’opera e l’attribuisce al Giamboni.
Se noi prendiamo in esame le edizioni vediamo che le prime quattro e la settima concordano nel porre nel titolo il nome di eximio maestro Galeotto; la quinta, la sesta, l’ottava, la nona e l’undecima non recano alcun nome; la decima ha l’intitolazione sonante: Rettorica volgare ciceroniana del Cavalier Fra Galeotto Guidotti nobile bolognese; la dodicesima, tredicesima e quattordicesima, sono dagli editori intitolate: «Il fiore di Rettorica di Frate Guidotto da Bologna» e di dentro hanno «qui comincia la rettorica nova... per l’esimio maestro Galeotto da Bologna.» L’undecima edizione, che, come dicemmo, ci si ripresenta senza nome d’autore, è curata dal Menni che vorrebbe dimostrare che Jacopo di Bono Giamboni o un messer Bono di messer Giambono fu di questa operetta l’autore, fondandosi sopra un codice che reca a guisa di firma «libro recato a certo ordine per messer Bono di messer Giambono.» La dodicesima ha una prefazione del Gamba, il quale partendo dal principio di critica sanissima di prendere a fondamento i codici conclude niun altro nome doversi all’autore, nè altro titolo fuorchè quello di Fra Guidotto. Suppone che fosse nipote di Ansidisio Guidotto, nipote di Ezzelino podestà di Verona; nota di fievolezza i pun-