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pianta la virtù crescente, il corpo snello, verdi le membra, e l’abito mordente: e poi mirando se stesso esser immobil salma, sempre giovane, sempre vecchio, senza fronda, senza frutto, si disfaceva tutto. Fra questi guai il tempo andava innanzi, ed eran già passate tre età dell’anno, cosicchè l’inverno aveva già soscritto la comminazione 37 decretale. Ed ecco che l’Ortica cominciò a impallidire: posò la fronda, secca divenne, in tre dì cadde, e fu estinta. A questo caso il pietroso amante restò attonito, e quasi pazzo, e da qui deriva quel proverbio grosso di stupido restar, come lo è un sasso. Questi alfin commiserando della povera Ortica la via antichresi, nata, cresciuta, e morta in nove mesi, invocò la musa alta, e possente, e le fè il seguente epitaffio indegnamente:

 
Qui giace estinta la famosa Ortica,
     Giovine, e bella: eppur (ch’il crederìa?)
     Non v’è nessun che dica: oh sorte ria!
     Perchè a niun fu cortese, a niun fu amica.
Del sesso imbelle la superbia antica
     Sempre con tutti usar, è gran follìa:
     Talvolta è sana un po’ di cortesìa,
     Benchè il pensier nol voglia, e ’l cuor nol dica.
Dirà talun: la pianta, che con pena
     Si stringe in man, e riesce amara al dente,
     Dice Galen, ch’è di virtù ripiena.
Ma quì Galen provvede a inferma gente:
     Il sano vuole il dolce, che avvelena,
     Il morbido, che imbratta, e il bel, che mente.