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avevano lasciati i denti nelle cloache di Gerosolima. Le povere Rane congregatesi un giorno solennemente per straordinaria 12, risolsero di tagliare la testa al Ragno superbo. Ma fu un pensiero cattivo, poichè quella di esse, che si assunse l’alta impresa, allontanatasi dalla palude, fallì la strada, e mancandole l’alimento dell’acqua, restò secca come la mano di un avaro. La misera domandò subito una provvisionale; ma non fu più a tempo. In questo stato di cose mutarono l’opinione problematica, e pregarono messer Giove, che facesse la vendetta per loro. Un dì l’uffiziale maggiore di cantina volendo far onestà 13 ad una pastorella, che entrava in palazzo carica di tabacco Brasile in corda, diè così forte urtone in una colonna del porticato, che l’incontro dell’osso pube col liscio del marmo fece fuoco, le scintille si attaccarono al vicino letamajo, indi al vaso dei rinfreschi, e successivamente tutto il palazzo divenne in fiamme. Il Ragno vedendosi circondato da quelle saette amorose, correva qua, e là, andava perdendo gli escrementi, e tirava dei peti a profusione. Alla fine confinato nella camera di Eliogabalo, e non trovando più scampo dalle bragine 14 divoratrici, si rivoltò verso la palude, ed implorando la protezione Ranale, disse: o degne figlie di Nettuno, o rare potenze marittime, Regine del Caucaso, Rane ammirande, anzi Ranissime, soccorrete un cavalier silvestre, obsesso da un formidabile nemico, da cui non può fuggire per aver contratta l’obbligazion camerale 15! Mirate, come in questa infelice magione la siccità comanda, e la sete consuma il pericordio a Don Levamus; da-