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Di qualche nuovo Atlante,
Che la fuga salvò?
Se il mio pensier è vano,
Spiegami, o Principessa, il grande arcano.
Cib. Vedi quel vaso indegno?
Era un velen per me. Deh! caro Ostilio,
Come quel, che di Zingaro sei figlio,
Dimmi, chi è il traditore?
Ost. De’ Romani è l’impegno.
Cib. Come? Dunque così superba ė Roma,
Che sazia di trionfi, e di trofei
Volga l’armi al mio ciglio, alla mia chioma!
Ost. Folle, che dici? il Roman fasto vieta
Gli sperati Imenei d’Adramiteno.
Ei sallo, e in vece d’un congedo onesto,
Stimò di darti un lepido veleno.
Non sai che de’ Romani...
Cib. Intendo il resto.
Eppur d’Adramiteno io che conosco
La pietade, e l’onore,
Non ne so creder così duro il core,
Che congedar mi voglia con un tosco.
Ost. Ma infini del tradimento
Alcun sarà l’autore...
Sentimi, o Principessa;
Temo assai di Te stessa.
Vidi fra noi già cento volte, le cento
Che ignoto traditore
Pel crime, che fallì, non si ravvede;
Anzi torna alle prese a secco piede.
La fuga può sottrarti al rio destino.