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sura degli Atenei della capitale, di Pavia, di Palermo.

L’anno scolastico è così fugace; le materie dell’insegnamento così vaste; il numero delle lezioni così ridotto (giacchè normalmente ogni studente universitario ha sei mesi di vacanze legali), che la sospensione improvvisa dei corsi rappresenta davvero una grande sventura non solo per chi li frequenta, ma pel vero progresso intellettuale ed economico del nostro paese.

La violenta chiusura di questa o di quella o di parecchie Università ad un tempo è indubitatamente una malattia grave. Essa da molti anni si verifica: dunque nè i decreti, nè i regolamenti nè le circolari, nè le ispezioni valgono a combatterla.

La nascondono, la frenano per qualche semestre, per qualche anno; ma la malattia finisce per galleggiare sempre ed imporsi con tutte le sue tristi conseguenze.

V’ha un rimedio?

Il rimedio c’è; ma occorre costanza e coraggio per sapersene valere.

Ed essi tutti, entro i limiti della più stretta legalità, possono validamente concorrere ad impedire che si neutralizzi, che si soffochi questa costanza, questo coraggio in colui che può e che ripetute volte ha dimostrato di volerlo applicare.