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i tempi son buone, cioè utili; come la verità è buona in se stessa nṏdimeno se imprữdentemẽte alle volte si dice, torna di danno alla persona che la dice: e la correttione è buona in se, nondimeno usata con imprudenza partorisce più presto cattivo effetto che buono. Così diremo, il magistrato de' presenti Governatori è presupposto buono in se, ma però non è utile per tutti i tempi. [Prima ragione.]Una delle ragioni cṏtrarie alla perpetuità di questi governi è questa, che quantunque il magistrato fusse ottimo non che buono, havẽdo egli da essere in republica; ove molti fan professione d'esser pari in bṏtà, et valore, et in effetto sono, il dover nṏ cṏporta, che un'ottimo per ottimo che si sia, perpetuamẽte regni sopra tanti ottimi siani perpetuamente infelici, non ricevẽdo mai gli honori alla lor virtù cṏntenẽti, perché l'honore (come dice il Beroaldo nel trattato della felicità) [Beroaldo.] è un soavissimo posto della virtù però diceva Tullio[M.Tullio.] nella sua Republica, che il Prencipe buono nṏ dee ricever altro nutrimento, che di gloria. [Secṏda ragione.] La seconda ragione è questa, che dove molti concorrono per dignità, e per meriti all'istesso grado, et ufficio, porta pericolo di grãdissima discordia nella Republica, se tre, o quattro, o dieci, o venti siano eletti perpetuamente Rettori, vedẽdosi gli altri trattar de indegni, et che lo stato cṏmune non vada sossopra, tumultuãdo la parte ingiustamente trattata da' suoi cỡtrari; ove per rimediare a' questo male della discordia, ruina espressa delle Republiche, come attesta [Boetio.]Boetio nel 3. lib. della filosofica cṏsolatione in quelle parole. Nosti ne quod omne quod est tam diu manere; atque subsistere potest, quamdiu sit unữ, sed interire pariter, et dissolvi necesse est, quando unum esse desierit?. Fa di mestieri, che tutti i meritevoli habbino da qualche tẽpo i debiti gradi loro. La qual cosa lodò sommamẽte Cornelio Frangipane huomo di rare lettere, [Cornelio Frangipane.] e d'eloquẽza mirabile sopra tutto, in quella sua celebre oratione al Prencipe Donato nella Republica Venetiana, con quelle parole. Questa prudentissima Republica a' tutti i suoi cittadini comparte con giusta misura i suoi beni, de' da' mai essa potestà intiera ad alcuno, né lo rende sì potente che in lui possa cader folel appetito di far noia alla bella libertà della sua patria. Qui nṏ uno non pochi, non molti signoreggiano, ma anzi et molti buoni, et pochi migliori, et insieme uno ottimo perfettissimo. Oltra di ciò [Terza ragione.] il magistrato perpetuo anco né buoni è possibile che si converta col tempo in tirannia, perché la sicurezza del regnare cagiona audacia nelle mẽti di chi governa, e spesse fiate accade, che la commodità renda l'huomo animoso a' rapir quello de particolari cṏ detrimẽto dell'honore, e pericolo della vita di chi regge, et cṏ periglio manifesto dell'ammutinamẽto de' sudditi di soverchio angariati dalla tirannide degli empi. Però si legge di Domitiano Imperatore, e, che (come narra Eusebio) voleva da' Senatori, [Eusebio.] et dal popolo essere adorato come un Dio, e ingiustamẽte angariava i cittadini molto mal sodisfatti del governo