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i miseri che noi sappiamo tutti gli arcani loro? è che non è cosa turpe, e dishonesta fatta da essi, che mille volte ne i ludi literarij non habbiamo letta ai discepoli nostri? Quando il dominatore dell'Herebo si congionse promiscuamente con la pulcherrima Minta usandola per pellice, in contempto espresso della coniuge sua Proserpina, chi meglio l'ha letta di me a Cintheolo per le mie quotidiane lettioni erudito al par d'ogn'altro Comite suo? Chi è conscio più di me di quell'altra, quando le venuste Ninfe d'Arcadia ebrie di Zelotipia convertiron la Ninfa Cyringa in un Calamo Palustre, perché Pan Dio de Pastori infettava più questa, che tutte loro? Non è posto in propatulo a ognuno il seguito anxio, et urgente, che tenne Giove a Iuturna Scorto nobilissima, ove la Ninfa Lara fece iattura della lingua, per pandere il secreto a Giunone di questo Scelesto commercio meritamente invidiosa? non è cognito da un cardine all'altro il Lenocinio indecoro usato, per amor di Silvano con la blanda Galathea, ch'empie di verecondia et rubore qualunque tiene di pudiche cogitationi i precordij suoi repleti. E chi è d'ingegno così rude, et d'intelletto così obtuso, che non faccia un giudicio estraneo del caso ignominioso di Clauco, et Panopea, per esser stati visti da Protheo copulati lascivamente in mezzo dell'Estuante pelago, nudi fra loro? Ma che vò io volvendo frustatoriamente i gesti particolari di costoro se tutte le sfere supercelesti son piene del fetore di questi luxurianti arieti in modo che il stabulo Vaccineo d'Argo non è di si fetido odore tabefatto come queste. Et grande indignità delle purissime auri nostre sentir ripeter tante volte le mollitie di questi tauri indomiti, onde bisogna convertire il calamo addosso al livor Garzonio, et argurlo, secondo la condecentia nostra dell'inurbano stile, c'ha adoperato così mordicamente in vilipendio nostro. Ecco l'immorigerato nostro adversario, che tratta da pedagogi humilissimi gli eruditissimi precettori delle vere lettere. Ecco il lanista del nostro honore, ch'irride tutta la caterva de più eruditi viri, c'habbiano le scienze, et discipline tutte. Ecco un altro Democrito, che con aperto cachinno illude singolarmente la toga nostra magistrale di tanti pregi decorata appresso il mondo. Ma forse ha acuito la lingua ne gli obbrorij nostri, perché in lui non eluce una minima imagine d'Ortografica scrittura, nella sua elocutione non appare venustà d'alcuna sorte, nelle parole non si può aspicere una colliganza al mondo, ne' periodi non è quel numero completo che s'opra da' dotti, nell'oratione tutta non si vede altro, che uno incondito, et inculto modo, di sermocinare. Dove sono i membri dell'oratione da huomo esperto nell'arte del dire esculto; dove le suppositioni lepide; dove l'appositioni venuste; dove si manifesta una figura pulchra, e degna d'esser notata in tutta la sua compositione? Qui si desidera sale eruditione, documenti ingenui, essempli gravi, sentenze profonde, urbanità hilare, ordine congruente, e non scurrilità, e fattuità commiste insieme, come nimiamente le và admiscendo in tutta l'opra. Però lascio il giudicio a questi altri comiti, che sapranno meglio di me,