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per testimonio d'Arrio filosofo, nel suo Enchiridion, al capitolo trigesimo sesto, dice. Libare, et sacrificare unum quẽquem; secundữ patrios mores decet absque lascivia absque negliegentia, non partce non supra facultatem. A' huomini religiosi [Cerimonieri.] convengonsi sopra tutto, le religiose Cerimonie, onde acquistano il nome i Cerimonieri, delle quali Corrado Bruno,[Corrado Bruno.] molto ampiamẽte discorre in sei libri particolari di quelle oltre che il Durando, nel suo libro intitolato Rationale [Il Durando.]divinorum officiorum, ne meschia assaissime pertinenti al culto del Signor nostro Christo. Platone fu contrario molto alle Cerimonie de' suoi tempi, volendo che nella riverenza del grande Iddio si levassero affatto tutte le Cerimonie esteriori, et Hermete, ad Asclepio, non admette quando si prega [Hermete.] Iddio bruciarli incẽso, et cose tali. Nondimeno, non è da dubitare, che le pompe de i riti et delle Cerimonie, nelle vesti, né vasi, né lumi, nelle campane, ne gli organi, nel canto, ne gli odori, né Sacrificij, né gesti, nelle pitture, nelle elettione de' cibi, et de' digiuni non siano santamente, et honorevolmente instituite, invitando, et alletando queste cose la divotione humana anzi spingendo gl'animi nostri con stimuli nobili al sacrosanto culto del nostro Iddio. Ne senza ragione credo, io, che Mosè nell'antica legge n'instituisse un numero così grande, ne che il Pỡtificale Romano sia ripieno insieme coi Messali, et Breviarij di tanta diversità di ritti, havendo per cosa chiara i loro institutori havergli con sapienza grandissima pesati, et considerati. Et quel religioso [Cecinna.] Numa Pompilio, a cui Cecinna attribuisce l'inventione delle Cerimonie a Romani le comandò sotto tal colore, che per mezo di quelle potesse agevolmente indurre alla fede, giustitia, et religione, un popolo così rozo, et così feroce, come era questo, et governarlo più saviamente che possibil fosse, et della sua institutione larga fede fanno gli feudi chiamati Ancilij, et la statua di Pallade, sacri pregni dell'imperio Giano Bifronte arbitro, della guerra, et della pace, et il fuoco della Dea Vesta, di cui teneva cura un sacerdote custore dell'Imperio l'anno partito; in dodici mesi con la varietà de i dì Fasti, et Nefasti, il Magistrato de' sacerdoti diviso in Pontefici, et Auguri, e tanti varij riti di sacrificij, di suplicationi, di spettacoli, di professioni, e d'ufficij ordinati, da esso, et da gli altri che vennero dietro a' lui, dove ch mille Cerimonie né matrimonij, né sacrificj Lupercali, in quello, che si chiamava Ambarvale, et in altri assai s'offerivano da quelli. Coteste furono da Trebatio[Trebatio.] chiamate sacre havendo (come riferisce Livio nel quinto libro) Lucio Albino salvato in Ceretole Vergine Vestali, i sacerdoti, e tutte le cose sacre, onde ne nacque il nome di Cerimonie; come dice il Biondo nel primo della sua Roma Trionfante et nel settimo dice Livio, che à [Fl. Biondo] quella di Cereto fu conceduta la pace per cento anni, se bene havevan consentito ai Tarquiniesi nel depredare, il territorio Romano, per la memoria delle cose sacre da loro servate Sesto [Sesto Pṏpeo.] Pṏpeo però tiẽ questo, che le Cerimonie fosser dette presso a' Romani,