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Non appena Hermann ebbe pronunciata questa frase così poco equivoca, tutti gli occhi si rivolsero al Barone.

Egli da prima impallidì, poi diventò estremamente rosso, poi lasciando cadere il fazzoletto si chinò a raccoglierlo. Potei osservare la sua faccia in quel punto, in cui, chino, non poteva essere scorto da altri. La sua fisionomia era raggiante per quella espressione sarcastica che in lui era naturale, ma che non avevo sorpresa che quando eravamo soli e si mostrava qual’era.

Un istante dopo, ritto, squadrava Hermann.

Mai prima d’allora io aveva assistito ad un mutamento più completo di espressione in un tempo tanto breve. Per un momento giunsi a credere di essermi ingannato e che il Barone fosse terribilmente serio. Egli sembrava sopraffatto dall’ira ed il suo volto aveva assunta una tinta livida, cadaverica. Per qualche tempo restò silenzioso, sforzandosi visibilmente di padroneggiare la propria emozione. Finalmente, presa una caraffa che era vicino a lui, e tenendola stretta, rispose:

«Le parole che voi, mio signor Hermann, avete creduto di dirigermi, sono suscettibili di molte obbiezioni che non ho voglia nè tempo di specificare. Ma il dire che le mie opinioni non sono di quelle che si ha il diritto di pretendere da un uomo d’onore, è asserzione così direttamente offensiva, che a me non rimane che una sola linea di condotta.

«Però debbo qualche riguardo alla presenza di