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XXXI.

Quando noi ci attaccheremo meno ai pregiudizi e più ai principii, quando cosidereremo meno le qualità e più i difetti (a rovescio di quanto taluno suggerisce) allora noi saremo migliori critici di quello che siamo ora.

Gli elogi che noi prodighiamo ad un’opera casualmente buona, provengono dalla nostra intelligenza che non percepisce nulla di meglio.

«Quegli che mai non vide il sole — dice Calderon — non può essere biasimato se crede che nessun splendore superi quello della luna; quegli che non ha mai veduto nè sole nè luna, non deve essere rimproverato se si entusiasma davanti alla luminosità, per lui incomparabile, della stella del mattino.»

Perciò il dovere del critico è di fare ogni sforzo per vedere il sole, anche quando l’orbita se ne trovasse molto in alto sopra l’orizzonte ordinario.

XXXII.

Si può, con tutta sicurezza, ammettere che l’eloquenza di Demostene produceva un effetto maggiore di quello dei nostri oratori, e nello stesso tempo non ammettere che l’eloquenza greca fosse superiore alla moderna.

I Greci erano un popolo impressionabile; non abituati alla lettura, poichè non possedevano libri