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così, a caso, semplicemente perchè debbo pure usare una qualche designazione. Ma il senso che comunemente si dà a questo vocabolo, non è applicabile neppure approssimativamente all’ombre di cui voglio parlare.

Esse mi sembrano più psichiche che intellettuali. Esse si elevano dall’anima, — ahimè! quanto raramente — nei momenti di tranquillità assoluta, quando la salute del corpo e dello spirito è perfetta; e solamente in quell’istante in cui i confini del mondo reale si confondono con quelli del sogno.

Io non ho coscienza di queste fantasie se non quando sono per addormentarmi, e quando sento di essere in quel punto. Mi sono convinto che una tale condizione di tempo non esiste che durante un attimo inapprezzabile, e tuttavia queste ombre sono innumerevoli.

Non sono dunque pensieri poichè al pensiero è necessaria la durata.

Queste fantasie dànno un’estasi voluttuosa, così lontane dalle più voluttuose del mondo reale o di quello dei sogni, quanto il Cielo, nella teologia degli antichi Normanni, era lontano dall’Inferno.

Tali visioni contemplo con un terrore che affievolisce e tranquillizza l’estasi. Le contemplo così per la convinzione (che sembra far parte dell’estasi stessa) che esse sono di una natura oltrepassante la natura umana; che esse sono uno sguardo nel mondo degli spiriti ed arrivo a questa conclusione (se è possibile usare una tale parola) per una intuizione istantanea, riconoscendo nelle sensazioni che provo un carat-