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Osservazione perfettamente giusta. Per sbarazzarsi di un ricordo, non v’ha di meglio che immobilizzarlo scrivendolo. E quindi le note marginali, messe giù non per memoria, differiscono dagli appunti commemorativi per la natura e per lo scopo; anzi non hanno scopo di sorta. Ed è ciò che dà loro valore.

Esse valgono sempre un po’ più che i commentari accidentali e passeggeri, più che i pettegolezzi letterari. Questi alle volte non sono che parole dette così... per parlare; mentre che le note marginali si scrivono perchè si sente il bisogno di alleggerirsi il cervello di un’idea che, forse impertinente, forse triviale, forse ingenua, non è però meno un’idea, e non una di quelle concezioni embrionali, che aspettano per manifestarsi una speciale circostanza favorevole.

Oltre ciò nelle note marginali noi parliamo a noi stessi, e, quindi, arditamente, francamente, con originalità, con abbandono, senza pregiudizi, alla maniera di Geremia, di Taylor, di Thomas Browne, di sir William Temple, di Burton l’anatomista, di Buttler il logico, e di tanti altri del buon tempo passato, troppo preoccupati del loro soggetto per pensare allo stile, il quale poi, messo così fuori di causa, diventa uno stile ammirevole, uno stile a modello di una semplicità e snellezza assolutamente marginale.