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Come tutti gli esseri troppo sensibili, i quali, perseguitati dalla sorte, senza gioie e senza soddisfazioni nella vita, malcontenti della realtà, si sono fabbricati un mondo immaginario, e si compiacciono stranamente a torturarsi l’anima coll’avvicinare, collo studiare la felicità che loro fu negata, così anche il nostro autore, il povero sognatore della Bellezza, prova una gioia ineffabile ad immergersi per un momento in quel lusso aristocratico, di cui fu circondata l’avventurosa sua prima giovinezza, e che poi non ebbe più.

Egli è tristamente sollevato quando può descrivere minutamente con analisi gentile alcuna cosa, in cui vorrebbe avere parte e vita.

In questa Filosofia dell’arredamento (ideale di abitazione) così fine, così ricca di osservazioni, così delicata di stile, si sentono le aspirazioni tutte di Pöe verso il bello, il suo gusto geniale di artista originalissimo, e quella sua eterna preoccupazione dell’apparato scenico, che abbiamo già notato altrove e che fu forse la sola eredità lasciatagli da quegli sventurati Cabotins che furono i suoi genitori.