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nalità, anzitutto mi dico: Fra gli innumerevoli effetti od impressioni che il cuore, l’intelletto, o, per parlare più generalmente, l’anima, è suscettibile di ricevere, quale sceglierò io nel caso presente?

Fatta anzitutto la scelta del soggetto, poi quella dell’effetto che voglio produrre, mi dò a ricercare se è cogli episodii della narrazione, o colla forma da usarsi, che io posso meglio riuscire; se con episodii volgari e con uno stile speciale; se con episodii singolari e con una forma ordinaria, o se con una eguale singolarità di fatti e di stile.

Poi cerco intorno a me (o più spesso in me) quali combinazioni di fatti e di stile possano meglio aiutarmi a creare l’effetto voluto.

Spesso ho pensato quanto sarebbe interessante un articolo di Rivista, in cui un autore qualunque volesse — o meglio potesse — narrare il procedimento che egli ha gradatamente seguìto in una qualsiasi delle sue composizioni sino al completo suo svolgimento. Non saprei dire il perchè un siffatto lavoro non sia stato finora dato al pubblico: la vanità degli autori c’entra forse per qualche cosa.

Il maggior numero degli scrittori — i poeti sopratutto — amano meglio lasciar credere che essi compongono in una specie di esaltazione, di estasi, di rapimento, e si vergognerebbero se il pubblico, gettando uno sguardo dietro la scena, potesse contemplare l’indeciso embrione del loro pensiero: la decisione presa solo all’ultimo momento; l’idea, tante volte travista, ribellarsi per tanto tempo prima di lasciarsi cogliere in piena luce; le frasi già arrotondate e poi