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perchè ci eravamo scordati
che quello era il mese d’ottobre,
nè più rammentato la notte dell’anno.
(Ah! notte fra tutte le notti dell’anno!).
Non più ravvisammo le rive deserte dell’Hobre,
ben ch’ivi altra volta ci fossimo aperto un sentier,
non più ravvisammo il fatal lago d’Hobre,
nè i boschi stregati e profondi di Wer.

E poi che nel cielo in oriente
le stelle annunciavano l’alba,
le stelle indicavano l’alba,
dal fine del nostro sentiero un nascente
ci giunse nebbioso baglior:
la stella di Venere allora saliente
ci avvinse in un raggio d’amor,
la stella di Venere allor dolcemente
ci strinse in un raggio d’amor.

Oh! dissi, Ella certo più fida che Diana
si leva frammezzo alla bruma,
ci appare frammezzo alla bruma!
Certo Ella ha saputo che l’anima umana
nel duol si consuma!
che, eterni, nei nostri cervelli d’infermi
si annidano i vermi,
e in alto, fra gli astri maligni è comparsa
amica, squarciando ogni vel,
fra gli astri maligni nell’alto è comparsa
mostrandoci amica la strada del ciel!

Ma Psiche, levando la candida mano,
mi disse: io diffido dell’astro di Venere,
diffido del triste, bell’astro di Venere.