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succitato Brenta1 , che con pochi compagni aveva commossa a rivolta, fin dalla metà di ottobre, tutta la Valle.

Ma dei loro prodigi di valore nel tener testa per più giorni e far per due volte volgere le spalle agli Austriaci, non seppero trar profitto i due ambiziosi e mediocri Condottieri; chè, appena messisi in cammino, bisticciarono tra loro sulla supremazia del comando del Battaglione; di modo che l’Arcioni stizzito retrocesse subito alla sua Svizzera. Ond’è che sotto gli ordini del solo D’Apice i 400 Volontari, il primo novembre, da Porlezza entrarono nella Valle, già da 15 giorni insorta2, e attraversandola senza incontrare il nemico, si spinsero fino alla riva del lago, ad Argegno, indi a Torriggia; mentre che 700 Austriaci spediti da Como coll’incarico di reprimere ad ogni costo l’insurrezione, dai due battelli a vapore dominavano il Lario.

Sull’imbrunire la colonna dei Volontari retrocesse ad Argegno, ove passò il resto della notte e gran parte del dì susseguente (2 novembre). Verso sera il generale D’Apice fu avvertito che il nemico, sbarcato la sera prima e spintosi a marcia forzata nella valle, dopo di aver dispersi pochi arditi che avevano occupato il Bisbino, si era portato sulle alture al Casino dei Signori (del marchese Raimondi). A tale notizia, diede ordine alla sua colonna di riprendere la via dei monti e a tarda notte, sotto un diluvio di pioggia, arrivò precisamente al suddetto Casino. Era tanta l’oscurità che fu d’uopo dell’uso delle lanterne per collocare le sentinelle.

Ma all’alba del 3 i Volontari, con loro grande sorpresa, rilevarono che le sentinelle Austriache vegliavano a poca distanza dalle proprie: perchè il nemico guidato dalle medesime lanterne li aveva passo passo fedelmente seguiti. Solo in quell’istante riapparve il generale D’Apice, che dispose i suoi in ordine di battaglia. Comandava il centro certo

  1. Sul conto di questo prode popolano scrisse una diligente e coscienziosa pagina il patriotta Gaetano Ferrabini, sotto il titolo: Argegno e la Valle Intelvi nel 1848.
  2. I fratelli Piazzoli, fra i quali un egregio sacerdote, possidenti principali e dimoranti in Valle Intelvi, si distinsero assai coll’influenza e coll’esempio nel far insorger la Valle, compromettendosi seriamente coll’Austria.