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capitolo ventesimosecondo. 67

posta per la maggior parte dei prigionieii di Santa Vittoria, verso i Coritibani; e per questa parte appunto si diresse il nemico.

Il frazionamento delle nostre forze ci riescì fatale; la recente nostra vittoria, l’indole ardimentosa del nostro capo, e dei Repubblicani in generale, e le informazioni avute circa il nemico che ne menomavano la forza ed il morale, ce lo fecero disprezzare oltremodo. In tre giorni di marcia fummo ai Coritibani, ed accampammo a certa distanza dal passo di Maromba, per ove si supponeva dovesse arrivare il nemico. Si posero guardie in quel passo ed in altri punti necessari a guardare.

Verso la mezzanotte la guardia del passo fu attaccata dal nemico con tanta furia die appena ebbe tempo di ripiegarsi scambiando alcune fucilate. Da quel momento sino all’alba stemmo con tutte le forze pronte al combattimento.

Non fu tarda l’apparizione del nemico, il quale, avendo passato il fiume con tutta la sua gente, erasi schierato non lungi da noi, in atto pure di combattere. Tutt’altri che Teixeira, vedendo la superiorità del nemico, avrebbe spedito celeremente ad Arañha per richiamarlo a noi, ed intanto procurato di trattenere il nemico sino alla giunzione. Ma l’arditissimo repubblicano temette non gli sfuggisse il nemico e si perdesse l’occasione di combatterlo. All’attacco dunque! E non valse la vantaggiosa posizione in cui il nemico si trovava.

Mello, profittando della ineguaglianza del terreno, avea formato la sua linea di battaglia sopra una collina assai alta, davanti alla quale trovavasi una valle assai profonda ed intralciata da folti cespugli; egli aveva coperti sui suoi fianchi alcuni plotoni di cavalleria non veduti da noi. Teixeira ordinò di attaccarlo con una catena di fanteria, e profittare per ciò degli ostacoli della valle. Fu eseguito l’attacco, ed il nemico simulò di ritirarsi, ma mentre la nostra catena, dopo aver varcato la valle, perseguiva il nemico a fucilate, fu essa