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capitolo ventesimoprimo. 63

molto spazioso il tratto di mare che dovea varcarsi, e correntoso.

Io faticai dunque dalla mattina sino verso mezzodì, impiegando quanti palischermi erano a mia disposizione per passare tutto; e m’avviai quindi verso l’entrata della Laguna in alta posizione, per osservare i legni nemici che s’avanzavano in combinazione colla truppa di terra, e carichi essi stessi di molta truppa.

Pria di salire la montagna io feci avvertire il generale che il nemico si disponeva a forzare l’entrata della Barra, operazione di cui io non dubitava, avendo veduto le manovre della squadra nemica dal punto stesso ove stavo effettuando il passaggio. Giunto poi sull’alto me ne accertai indubitatamente. Erano i legni nemici in numero di ventidue, non barelli di grande portata, ma adeguati alla profondità della foce del lago. Ripetei quindi immediatamente l’avviso al generale Canabarro, e non v’era tempo da perdere. Però, fosse titubanza per parte del generale, o veramente avesse la gente indispensabile bisogno di mangiare e riposarsi alquanto, il fatto fu che nessun giunse a tempo per coadiuvare alla difesa della foce, in un punto, ove se fosse stata collocata la fanteria nostra, potevasi fare una strage di nemici. Invece la resistenza fu eseguita dalla batteria situata sulla punta orientale, comandata dal valoroso capitano Esposto; ma per poca pratica degli artiglieri e pel cattivo stato dei cannoni, pochissimo danno fece. Lo stesso successe a bordo dei tre piccoli legni della Repubblica da me comandati; ove gli equipaggi erano scarsi, ed in quel giorno molti ed i migliori erano rimasti occupati a passare il resto della divisione, ed altri restii sulla costa per non esporsi a combattimento tremendo e disuguale. Io scesi la montagna, e fui celeremente al mio posto a bordo del Rio Pardo, e giunsi che già l’incomparabile mia Anita colla solita intrepidezza aveva sparato la prima cannonata, puntata da lei stessa, ed animando colla voce le ciurme sbigottite.