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capitolo decimosesto. 49

Pardo con trenta persone a bordo, un cannone da dodici nel centro rotante, cioè da poter esser puntato in tutte le direzioni, molti attrezzi e provviste per l’equipaggio, non prevedendo certamente un temporale così imprevisto e subitaneo, e non sapendo qual sorte ci toccherebbe in paese nemico, ove si doveva approdare, il Rio Pardo, dico, trovavasi imbarazzato e soverchiato dal mare, in modo che qualche volta ci tenne per un pezzo sommersi, rimanendo per alcuni minuti tuffati sotto i marosi.

La pericolosa situazione in cui trovavasi il piccolo legno, minacciato d’esser sopraffatto dalle onde e rovesciato da un momento all’altro, fece concepire la determinazione d’avvicinare la costa ed approdarla, comunque fosse. Ma infuriando sempre più la bufera ed il mare, non ci diedero tempo alla scelta del luogo, e fummo travolti da terribile maroso. Io mi trovavo in quel momento alla sommità dell’albero di trinchetto, sperando di scoprire un punto nella costa, ove approdare con meno pericolo. Il legno fu capovolto sulla destra, ed io lanciato per ciò da quella parte a certa distanza. Io ricordo bene che, abbenchè in pericolosissima circostanza, non pensai alla morte; ma sapevo di aver molti compagni non marini e prostrati dal mal di mare, e ciò mi martoriava, sicché cercai di raccogliere quanti remi ed altri oggetti galleggianti mi fu possibile, avvicinarli a bordo, e raccomandare a tutti di prenderne uno per sorreggersi ed agevolarsi a guadagnar la costa.

Il primo individuo che incontrai stretto ad una sartia1 dalla parte sommersa, per ove io potei rientrare a bordo, fu Edoardo Matru, mio compagno d’infanzia, a cui porsi un boccaporto2 raccomandandogli di non lasciarlo a qualunque costo.

Luigi Carniglia, il coraggioso nostruomo che trovavasi al timone al momento della catastrofe, era ri-


  1. Sartia, cordame che tiene gli alberi lateralmente.
  2. Boccaporto, porta che chiude la stiva della nave.