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capitolo decimoquarto. 41

al limitare del banco, e s’investiva risolutamente; poi: all’agua, patos (all’acqua, anitre), era appena pronunciato, che tutti si trovavano al loro posto nell’onda gli anfibi e coraggiosi miei compagni, ed io con loro.

In tale circostanza era eseguito l’ordine con vero giubilo, comunque sempre ilaremente anche in altre occasioni. Succedeva qualche volta tale manovra quando eravamo perseguiti dal nemico, sempre più forte di noi, incalzati da un temporale; e noi eravamo obbligati allora di passare così nell’acqua alle volte tutta una notte, non trovando riparo all’acqua del mare, e sovente nemmeno a quella più fredda della pioggia per essere lontani dalla costa. Allora era un vero tormento e bisognava certo una fervida gioventù per sostenervisi e non soccombere.


Capitolo XIV.

Quattordici contro cento e cinquanta.


Dopo la presa della sumaca (Brik Schooner) i bastimenti mercantili imperiali non partivano più senonchè in convoglio, scortati da legni da guerra; quindi difficoltoso il predarli. Le spedizioni dei lancioni limitaronsi dunque ad alcune scorrerie nella laguna con poco successo, essendo perseguiti dagli Imperiali per mare e per terra.

In una sorpresa fattaci dal colonnello nemico Francisco de Abreus quasi fu annientata l’esistenza dei corsari e del corso. Eravamo nella foce del Camacuan coi lancioni tirati in terra, davanti al Galpon da Charqueada (magazzino di deposito dello stabilimento ove salavasi carne in tempi anteriori) in cui raccoglievasi allora erba mate, specie di thè dell’America meridionale. Tale stabilimento apparteneva a donna Antonia, sorella del presidente.

Per motivo della guerra allora non salavasi carne