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38 | primo periodo. |
rica del nemico e la di lui potenza in ogni ramo guerresco; ma nello stesso tempo bella e molto conforme all’indole mia, propensa alle avventure.
Essa non era limitata alla marina soltanto; noi avevamo a bordo sette cavalli, e ne trovavamo ovunque in quei paesi, ove sono abbondantissimi e tutt’assieme; quando lo richiedeva il caso, noi eravamo trasformati non in brillante ma temibile e temuta cavalleria.
Trovavansi sulle coste della laguna certe estancias, che le vicende della guerra avevano fatte abbandonare dai loro proprietari. Ivi trovavasi bestiame d’ogni specie per mangiare e per cavalcare. Di più, in quasi tutti quegli stabilimenti eranvi delle rossas (terreni coltivati) ove si trovavano in abbondanza ogni specie di legumi: formentone, fagioli, patate dolci e spesso aranci bonissimi in quelle contrade.
La gente che mi accompagnava era vera ciurma cosmopolita composta di tutto, e di tutti i colori come di tutte le nazioni. Gli Americani per la maggior parte, eran liberti neri o mulatti, e generalmente i migliori; e più fidati. Fra gli Europei avevo gl’Italiani, tra cui il mio Luigi ed Edoardo Matru mio compagno d’infanzia, in tutto sette su cui poteva contare. Il resto era composto di quella classe di marinari avventurieri conosciuti sulle coste americane dell’Atlantico e del Pacifico sotto il nome di Frères de la côte, classe che avea fornito certamente gli equipaggi dei filibustieri, dei bucanieri e che oggi ancora dava il suo contingente alla tratta dei neri.
Io trattavo la mia gente con bontà forse superflua, ignaro allora dell’indole umana, un po’ propensa alla perversità, quando l’uomo è educato, e massime poi se ignorante. Il coraggio non difettava certamente ai miei poco disciplinati compagni: essi mi ubbidivano puntualmente e pochi motivi mi davano d’esser con loro rigoroso; e ciò mi faceva contento, e devo confessare di aver avuto tal sorte tutta la vita, nelle differenti circostanze in cui mi son trovato a comandare gente