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36 primo periodo.

Bento Gonçales era il tipo del guerriero brillante e magnanimo, e lo era ancora vicino ai sessant’anni, quand’io lo conobbi. Alto della statura e svelto, ei cavalcava un focoso destriero colla facilità e la destrezza d’un giovine conterraneo suo; e si sa che i Riograndensi contano tra i primi cavalieri del mondo. Valorosissimo della persona, egli avrebbe combattuto in singolare tenzone e vinto forse qualunque forte cavaliere. D’animo generosissimo e modesto, io credo non aver esso eccitato i Riograndensi ad emanciparsi dall’impero con fine d’ingrandimento proprio. Sobrio, come ogni figlio di quella valorosa nazione, il suo vitto nel campo era un açado (arrosto) come un semplice milite; alimento unico in quelle campagne ricchissime di bestiame, ed ove per far la guerra non si usano le ingombranti impedimenta, inciampo principale degli eserciti europei. Io divisi per la prima volta allora i di lui campestri pasti, con tanta famigliarità, come se compagno d’infanzia ed uguale.

Con tali doti, fu Bento l’idolo de’ suoi concittadini. Eppure con tante doti, egli fu sventurato nelle battaglie, ciò che mi ha fatto supporre sempre contribuire la fortuna per una gran parte negli eventi della guerra.

Una qualità poi di cui difettava il prode generale della Repubblica, era la costanza nelle battaglie. Ed io lo tengo per grande difetto. Iniziando una pugna qualunque, devesi riflettervi ben bene prima, ma principiata che sia, non si deve desistere dalla vittoria sino ad aver tentato gli ultimi sforzi, sino ad aver portato in azione le ultime riserve.

Io seguitai Bento sino ai Camidos, passo del canale di San Gonçales che unisce le lagune Patos e Merini; quel passo era stato varcato da Silva Tavares, pauroso d’incontrarsi colla prima brigata dell’esercito repubblicano, che lo perseguiva da vicino. Non avendo potuto raggiungere il nemico, la brigata retrocesse, ed io ripresi la strada di Piratinim al seguito del presidente.