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440 | quarto periodo. |
Verso le dieci antimeridiane uscirono due colonne nemiche in ricognizione, una dal Ponte Nomentano e l’altra, alquanto dopo, dal Ponte Mammolo. I soldati del papa sulla destra nostra, avanzando in tiratori a portata di carabina, ci fecero fuoco tutto il giorno; ma i nostri, ubbedendo agli ordini, non rispondevano, giacché sarebbe stato inutile, coi nostri fucili pessimi, sprovvisti com’erano i Genovesi delle loro buone carabine. Solamente quando gli zuavi, baldanzosi o irritati dal nostro silenzio, si avanzarono più vicini, i nostri, imboscati al Casino dei Pazzi, ne uccisero quattro e ne ferirono alquanti.
La nostra posizione, a pochi passi da Eoma, ove s’era concentrato tutto l’esercito papale, era arrischiata, tanto che quando vidi uscirne le due colonne, di cui non si poteva precisare il numero, chiesi a Menotti, che si trovava indietro, di farci sostenere da alcuni battaglioni ch’egli stesso portò immediatamente avanti.
Persuaso che nulla si faceva in Roma, e che meno si sarebbe fatto coll’arrivo dei Francesi, già annunciato e accaduto in quei giorni, io disposi la ritirata su Monterotondo, lasciando molti fuochi accesi in tutte le posizioni da noi occupate, per ingannare il nemico.
Qui la mazzineria profittò della circostanza per fare il broncio e seminare il malcontento tra i volontari. «Se non si va a Roma, dicevano essi, meglio tornare a casa.» E veramente a casa si mangia bene, si beve meglio, si dorme caldi, e poi anche la pelle è più sicura.
Le posizioni da noi occupate, Castel de’ Pazzi, Cecchina, Castel Giubileo, ec, eran troppo vicine a Roma e non difendibili contro forze superiori; occorrevano quindi altre posizioni più forti e più lontane. Monterotondo ci offriva tali condizioni, e più facilità per vivere.