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capitolo sesto. | 431 |
una conca1 vicino allo stazzo2 di Domenico N. Verso le sei pomeridiane del 16, riuniti tre cavalli, c’incamminammo, metà a piedi da principio e tutti a cavallo poi, traversammo i monti della Gallura, il golfo ed il paese di Terranova, ed all’albeggiare del 17 ci trovammo sull’alture che dominano il porto San Paolo.
Non trovando in porto San Paolo il legno che Canzio e Vigiani vi dovevano tenere, passammo la mattinata nello stazzo di un certo Nicola, ed il capitano Cuneo, nonostante la stanchezza di quindici ore di cavallo, si spinse verso ostro a Porto Prandinga, ove ci aspettavano i nostri amici, giunti colà felicemente dopo molte peripezie colla paranzella San Francesco. Prima di lasciare la Sardegna io devo una parola di lode e di gratitudine ai buoni amici che mi facilitarono la liberazione.
I capitani Giuseppe Cuneo e Pietro Suzini si adoperarono a mio favore in un modo veramente lodevolissimo. Buoni, coraggiosi e molto pratici, essi ci servirono di guida e di consiglio, ed affrontando con noi i disagi, le fatiche ed il rischio, non ci vollero lasciare senonchè dopo d’averci accompagnati sul San Francesco.
Domenico N., del primo stazzo, tolse l’unico materasso che aveva dal letto ove giaceva la moglie inferma e lo portò nella conca per accomodarvi il mio letto con alcuni cuscini: tale è l’ospitalità sarda. Egli fu operosissimo nel procurarci tutti i cavalli necessari,, senza i quali sarebbe stato quasi impossibile il nostro viaggio attraverso i monti della Gallura. Nicola, della stazzo di porto San Paolo, subito che m’ebbe conosciuto, malgrado il mio travestimento e della barba e capelli tinti, mi accolse con quella franchezza e benevolenza che distingue il ruvido, ma generoso e fiero pastore sardo. Io sono innamorato del popolo sardo in generale, ad onta dei difetti che gli si attribuiscono, e