Pagina:Garibaldi - Memorie autobiografiche.djvu/42

30 primo periodo.

univa l’agilità a straordinaria forza corporea, dimodochè potevasi, senza tema di esagerare, esclamare scorgendolo: «Colui basta per dieci!» Amenissimo nell’abituale consorzio della vita, egli aveva il dono di farsi amare da ognuno che lo trattasse. Ancora un martire della libertà! uno dei tanti Italiani destinati a servirla ovunque, fuori dell’infelice loro terra natia!


Capitolo XI.

Prigioniero.


È singolare che nella prolissa mia carriera militare, io mai sia stato fatto prigioniero; ad onta d’essermi trovato tante volte in pericolosissimo stato.

Nella circostanza presente, a qualunque terra s’abbordasse dovevasi esser prigionieri, poichè non riconosciuta l’insurrezionale nostra bandiera del Rio Grande del Sud.

Giungemmo a Gualeguay, paese della provincia di Entre-Rios, ove ci valsero moltissimo il capitano Luca Tartabull della goletta Pintorèsca di Buenos-Ayres ed i di lui passeggieri, abitatori e nativi di quei paesi.

Incontrata detta goletta nelle alture dell’Ibicuy, piccolo confluente del fiume Gualeguay e mandato Luigi a chiedere alcuni viveri, quei generosi si offersero di accompagnarci sino a Gualeguay, loro destino.

Di più, mi raccomandarono al governatore della provincia, don Pasqual Echague, che si compiacque, dovendo egli partire, di lasciarmi il proprio chirurgo don Ramon dell’Arca, giovine argentino che mi fe’ subito l’estrazione della palla rimastami nel collo e mi curò perfettamente.

Io vissi nella casa di don Jacinto Andreus nei sei mesi di soggiorno in Gualeguay, e dovetti moltissimi riguardi e gentilezze a lui ed alla famiglia tutta di quel generoso.

Ma non ero libero! Con tutta la buona volontà di Echague, e l’interesse che quella buona popolazione