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capitolo settimo. | 21 |
un Italiano, assuefatto e cresciuto ove palmo di terra non si presenta senonchè coperto di case, siepi, opere qualunque di mano d’uomo.
Là nulla di questo: il creolo conserva la superficie di quel suolo come gliela lasciarono gl’indigeni distrutti dagli Spagnoli.1 I campi sono coperti di fieno, e non variano che nelle valli sulla sponda dell’arroyo2 o nella cañada3 coll’alta maciega.4. Il fiume e l’arroyo hanno le loro sponde generalmente coperte di bellissimi boschi spesso d’alto fusto.
Il cavallo, il bue, la gazzella, lo struzzo sono gli abitatori di quelle terre predilette dalla natura. L’uomo rarissimo, vero centauro, le passeggia soltanto per annunziare un padrone ai numerosissimi ma selvaggi suoi servi. Non di rado il bellicoso stallone seguito dalla mandra di giumenti ed il toro scortato anche lui si avventano sul suo passaggio, disprezzandone l’alterigia con vigorosi e non equivoci segni. Io ho veduto nella misera mia patria un Austriaco solcando e calpestando le moltitudini. I servi abbassavano lo sguardo per paura di compromettersi. Non tornino per Dio a tanto vilipendio i discendenti di Calvi e di Manara!
Quanto è bello lo stallone della Pampa! Le sue labbra non sentirono giammai il freddo ribrezzo del freno,5 e la lucidissima schiena, giammai calcata dal fetido sedere dell’uomo, brilla allo splendore del sole quanto un diamante. La sua splendida ma non pettinata criniera batte i fianchi, quando il superbo, raccogliendo le sparse giumente o fuggendo la persecuzione dell’uomo, avanza la velocità del vento. Il naturale suo calzare, non mai imbrattato nella stalla dell’uomo, è più lucido dell’avorio, e la ricchissima coda svolazza al