Pagina:Garibaldi - Memorie autobiografiche.djvu/126

114 primo periodo.

chiamano cotesti macelli! Ed inni e Te Deum si fanno cantare da alcuni mercenari chercuti! Pochissimi infatti furono i risparmiati in quella terribile pugna, ed il presentimento di un fiero disastro da noi sentito nulla aveva di esagerato.

Non trovando nessuno che ci dasse notizie dell’esercito, quindi nessun ordine del capo supremo, come mi aveva fatto sperare il generale Aguiar, fu deciso di sbarcare le forze tutte, lasciando piccola guarnigione nei legni, e marciare in cerca dei nostri.

Un piccolo corpo intiero, giungendo nella vicinanza d’un esercito disfatto, può sempre essere di grande utilità, ed io ne ho fatto tante volte l’esperienza. Esso non cambierà la sconfitta in vittoria, ma potrà sempre salvare del materiale e degl’individui feriti o no, che senza sostegno cadrebbero in potere del nemico. Sovente anche vedendo un piccolo corpo con contegno ordinato ed impavido, il nemico benchè vittorioso, ma necessariamente esso pure disordinato dopo una battaglia, è molto probabile che ei si fermi e lasci ai vinti una più comoda e men faticosa ritirata.

Tale certamente fu il risultato del contegno dei volontari nella campagna del 1866, alla battaglia di Custoza. Formando essi l’estrema sinistra dell’esercito italiano, ed incaricati della custodia del lago di Garda, alla ritirata dell’esercito dopo la battaglia, i volontari, che in pochi occupavano la sponda occidentale del lago, si spinsero in avanti verso Lonato e Rivertella, e facilitarono con tale mossa la salvazione di materiali e d’alcuni feriti e traviati.

Io osserverò di passaggio, che seguendo il prediletto mio sistema del Rio Grande non marciavo mai in terra senza un contingente di cavalleria, estratto dagli anfibi miei compagni di ventura, tra i quali avevo famosi cavalieri, espulsi dall’esercito di cavalleria per irregolarità di condotta, forse per delitti, ma gente, che in generale battevasi egregiamente, e che naturalmente castigavasi quando lo meritava.