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94 | primo periodo. |
valli ed obbligati di domare, cammin facendo, alcuni puledri che si trovavano dispersi in quei campi. Il corpo dei lancieri liberti rimasto intieramente smontato fu obbligato di rifare le sue cavalcature con quei puledri.
Era bel vedere allora, quasi ogni giorno, una moltitudine di quei giovani e robusti neri, tutti domatori, lanciarsi sul dosso dei selvaggi corsieri, e tempestare per la campagna, facendo prima il bruto ogni sforzo per sbarazzarsi del suo carico e scaraventarlo a gambe air aria lontano; l’uomo, ammirabile di destrezza, di forza, di coraggio, inforcarsi siccome tanaglia, battere, spingere e domare infine il superbo figlio del deserto, che parte finalmente come saetta, quando conscio della superiorità del dominatore che lo cavalca, e divora in pochi momenti uno spazio immenso per ritornare colla velocità stessa anelante e grondante di sudore. In quella parte dell’America il puledro giunge dal campo, si laccia, si sella, imbrigliasi e senz’altre disposizioni è cavalcato dal domatore a campo aperto. L’esercizio ha luogo generalmente varie volte nella settimana, ed in pochi giorni è capace di ricevere il morso. Anche i più renitenti riescono così famosi cavalli in alcuni mesi; difficilmente però escono ben domati da’ soldati nelle marcie, ove non ponno avere il comodo, la cura e massime il riposo necessario per ben formarsi.
Passati i Mattos Portuguez e Castelhano, scendemmo nella provincia di Missiones, dirigendoci sopra Cruz Alta, capoluogo di detta provincia, piccola cittadina su d’un altipiano, ben costrutta ed in bellissima posizione, siccome bella è tutta quella parte dello stato riograndense. Da Cruz Alta, marciammo a San Gabriel, ove si stabilì il quartier generale e si costrussero baracconi per l’accampamento dell’esercito. Io pure vi costrussi una capanna e vi passai alcun tempo colla famiglinola.
Sei anni però di una vita di disagi e di privazioni, lontano dal consorzio delle mie relazioni antiche e dei parenti, di cui ignoravo assolutamente la sorte, per l’isolamento in cui avevo vissuto e l’impossibilità di