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capitolo ventesimottavo. 93

Bento Gonçales, che ci giungeva frazionato ed assai malconcio.

L’infaticabile Moringue, informato della ritirata, erasi messo alla retroguardia di codesto corpo, incomodandone la marcia in ogni modo, coadiuvato dai montanari, sempre accanitamente ostili ai Repubblicani.

Tutto ciò diede al Labattue il tempo necessario per la sua ritirata e giunzione al grosso dell’esercito imperiale. Vi giunse però quasi senza gente, per motivo delle diserzioni cagionate dalle marcie forzate e dalle stesse privazioni e disagi da noi sofferti.

Accadde di più al generale francese un incidente, ch’io narrerò per la natura sua straordinaria. Dovendo Labattue varcare nel suo cammino i due boschi conosciuti col nome di Mattos (bosco o selva) Portuguez e Castelhano, trovavansi in quei dintorni alcune tribù d’indigeni selvaggi chiamati Bugre, delle più feroci che si conoscano nel Brasile; sapendo esse del passaggio degli Imperiali, li assalirono in varie imboscate della macchia, e ne fecero strage, facendo sapere nello stesso tempo al generale Canabarro ch’essi erano amici dei Repubblicani; e veramente nel nostro transito per le loro selve nessun disturbo ci cagionarono.

Vedemmo però i loro foge (buchi profondi ricoperti accuratamente con delle zolle, nei quali precipita l’incauto viandante, e allora profittano i selvaggi del suo inciampo per assalirlo). Per noi nessuno di quei buchi però era coperto, e le formidabili barricate d’alberi innalzate lateralmente al sentiero, da dove colpiscono i passeggieri con dardi e freccie, erano sguarnite.

In quei medesimi giorni comparì fuori della foresta una donna rubata nella sua giovinezza dai selvaggi in una casa della Vaccaria. Essa profittò in detta occasione della vicinanza nostra per salvarsi. Era quella poverina in una condizione ben deplorabile.

Non avendo noi nemici da fuggire nè da perseguire in quelle alte regioni, procedevamo nelle nostre marcie con lentezza, mancanti quasi totalmente di ca-