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capitolo xiv 61


Parlate del vero e della ragione — non difficili a seminarsi nelle masse a dispetto della tirannide e del negromantismo — e compariscono gli atei, i materialisti, a menomare le vittorie del buon senso.

Aggiungete a tutto ciò le gloriuzze di certi individui che vogliono essere chiamati grandi a qualunque costo — e vogliono far parlar di loro i giornali, fosse anche per un incendio del tempio d’Efeso alla Erostrato.

Tali considerazioni mi conducono alla conseguenza d’esser possibile nel mondo, non so per quanto tempo ancora, certi governi mostruosi, come quello del Borbone — che la tempesta rivoluzionaria del 60 rovesciò nella polve — e la peste pretina — compimento delle miserie e delle degradazioni umane.

Le prigioni del despota eran zeppe a Palermo ed i fatti di Maniscalco e del 4 aprile le avean colme — giacchè la prigionia serve alla tirannide per reprimere non solo le aspirazioni dei popoli ma per spaventarli.

Lascio pensare in che orgasmo di diffidenza e di paura si trovarono le autorità borboniche nella capitale della Sicilia — allo sbarco dei Mille a Marsala. — Se vi si fosse potuto imprigionare i dugentomila abitanti, sono certo, i Borboni non vi avrebbero ripugnato.

E dopo Calatafimi e la marcia dei filibustieri sulla Metropoli? Dio me ne liberi! In tali frangenti entrarono in Palermo Lina e Marzia e Lia