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capitolo xii | 49 |
Sì! ordine vogliam noi, uomini della libertà e del progresso — cioè: Repubblicani.
Ordine! ordine! e chi lo disturba quest’ordine che l’umanità richiede — siete voi, persecutori delle genti! perturbatori della condizione normale dei popoli — voi! per gozzovigliare alle spese altrui — e far infelici le nazioni che speravano da voi un governo umano e riparatore.
Sì, voi potenti per astuzia e per l’imbecillità altrui, millantate ordine, colla coscienza di mentire — rovesciando, distruggendo ogni più sacra cosa; e facendo della famiglia umana una caterva di sventurati e di spie!
L’ordine che voi volete è la quiete — quella quiete che brama l’assassino nel godimento della roba depredata.
E Maniscalco era uno di quei vili istromenti che la tirannide poltrona, paurosa e codarda, spinge fra le moltitudini per spiarle, torturarle, assassinarle, quando fia duopo, per mantenere l’ordine che disturbano alcuni affamati servi.
Essi, istrumenti, hanno il genio della corruzione, della perversità, e sanno scegliere nella folla i loro seguaci, che distinguono a cert’aria di famiglia, agli inerenti vizii inseparabili di tale bordaglia: vizii ch’essi vogliono soddisfare al prezzo di qualunque infamia, e riconoscibili poi a certa peculiare impronta famigliare alla gente dello stesso marchio.
In Palermo, Maniscalco munito di pieni poteri, ed accrescendo di potenza in ragione inversa del