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capitolo viii | 37 |
Eran pure cadaveri d’Italiani che, se educati alla vita dei liberi, avrebbero servito efficacemente la causa del loro oppresso paese, ed invece come frutto dell’odio suscitato dai loro perversi padroni, essi finivano straziati e mutilati dai loro proprii fratelli con tale rabbia da far inorridire i Torquemada.
Dalle belle pianure d’Alcamo e di Partinico la colonna ascendeva per Borsetto sull’altipiano di Renne, da dove dominava la conca d’oro e la Regina dei Vespri — che confesso — se fra le sue cento città, Italia avesse una mezza dozzina di Palermo — da molto tempo lo straniero non calpesterebbe questa nostra terra. — E certo il Governo dei birri e delle spie o marcerebbe diritto o il diavolo se lo sarebbe portato via.
Renne sarebbe una posizione formidabile, se nello stesso tempo ch’essa domina lo stradale da Palermo a Partinico non fosse dominata dalle alture immediate a mezzogiorno e tramontana che appartengono ai monti irregolari che circondano la ricca vallata della capitale. Renne è famosa nella campagna dei Mille per due giorni di copiosa pioggia, passati senza il necessario per affrontare le intemperie, ove fu assai incomodata la gente, ma ove quel pugno di prodi provò: esser disposto ai disagi siccome a disperate battaglie.