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campioni della libertà italiana — non però di attaccare di fronte le formidabili posizioni occupate dal nemico con molte forze.

Però chi fermava più quei focosi e prodi volontari, una volta lanciati sul nemico? — Invano le trombe toccarono: Alto! I nostri o non le udirono o fecero i sordi, e portarono a baionettate l’avanguardia nemica sino a mischiarla col grosso delle forze Borboniche che coronavano le alture.

Non v’era tempo da perdere, o perduto sarebbe stato quel pugno di prodi — e subito dunque si toccò a carica generale, e l’intiero corpo dei Mille accompagnato da alcuni coraggiosi delle squadre, mosse a passo celere alla riscossa.

La parte più pericolosa dello spazio da percorrersi era nella vallata che ci divideva dal nemico. Ivi pioveva una grandine di moschetterie e mitraglie che ci ferirono un bel po’ di gente.

Giunti poi a piede del Monte Romano, si era quasi al coperto delle offese, ed in quel punto i Mille, alquanto diminuiti di numero, si aggrupparono alla loro avanguardia. — La situazione era suprema! Il nemico più forte di noi in numero, era lì sulla testa nostra in posizioni fortissime! — Eppure bisognava vincere! — E con tale risoluzione si cominciò ad ascendere la prima banchina.

Non ricordo il numero, ma certo eran varie le banchine che ci dividevano dai Borbonici.

Ed ogni volta che si avanzava dopo aver preso fiato, da una banchina all’altra, era una