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capitolo vi 25


era forse più conveniente di aspettarlo che iniziare l’attacco. E veramente spiegammo i Carabinieri Genovesi, in catena, sull’ultimo ciglione della posizione nostra verso il nemico.

Le compagnie restanti dei Mille scaglionate indietro ed in colonna, e la nostra povera ma valorosa artiglieria sullo stradale alla nostra sinistra.

Il nemico credendo d’aver a fare forse colle sole squadre, essendo i Mille al coperto, inviò baldanzoso alcune catene di tiratori con adeguati sostegni e due pezzi di montagna.

Giunto a tiro, esso cominciò a far fuoco, e continuò ad avanzare su di noi. L’ordine tra i Mille era di non sparare ed aspettare il nemico vicino; quantunque già i prodi Liguri avessero un morto e varii feriti.

Come foriero di vittoria, uno squillo di tromba nostra suonò una sveglia americana, e l’avanguardia nemica come per incanto fermossi e forse i suoi capi si pentirono d’aver avanzato tanto. — I Borbonici capirono di non aver a che fare colle sole squadre, e le loro catene cominciarono un movimento retrogrado.

I Mille toccarono allora la carica — i Carabinieri Genovesi in testa e con loro un’eletta schiera di giovani non appartenenti alle compagnie ed impazienti di menar le mani.

L’intenzione della carica era di fugar l’avanguardia nemica e d’impossessarsi dei pezzi — ciocché fu eseguito con un impeto degno dei