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capitolo lxiii | 393 |
peva ch’io l’amava tanto! — e lo trovò, quel caro sorriso, nelle mortali sue angoscie.
Lia era al capezzale di Cozzo. — Lia, la contadina della conca d’oro1, la bella fanciulla dall’occhio nero e fulgidissimo come quello dell’aquila. Essa procurava di sorridere al suo caro, quando gli occhi loro s’incontravano; ma poi, da lui non vista, struggevasi in dirottissimo pianto.
Cozzo aveva il petto rotto da una palla borbonica, e lesa incurabilmente, una parte vitale.
Egli affrontò la mitraglia nemica, alla testa della colonna che decise della vittoria nel 1° ottobre. Rimase sul campo esangue, colla sua Lia accanto, sinchè, terminata la pugna, essa lo fece trasportare nella stanza in cui lo baciai moribondo.
La sua effigie posa sul mio capezzale, in mezzo a quelle dei Bronzetti e sotto quelle dei Cairoli e degli altri martiri i di cui ritratti ho potuto raccogliere. — Felice me! che, nell’avventurosa mia carriera, ho potuto servire il mio paese con tali compagni!
- ↑ Valle di Palermo.