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tutti i vostri nomi, miei cari, belli, giovani compagni! Io, con questa mano già indurita dagli anni, inerte, li consacrerei in queste povere pagine alla gratitudine di generazioni men ciarliere, ma che sapranno dovutamente apprezzare il sublime olocausto dell’esistenza vostra preziosa.

Sì, l’Italia rammenterà il vostro eroismo, quando, passati questi schifosi tempi di miserie, di depredazioni e di garanzie alla menzogna — che ridicolissimamente occupano tutti gli istanti di queste cime regolatrici del mondo — essa potrà vivere dignitosamente e liberamente senza offendere, ma senza temer nessuno.

In uno stanzino dell’ospedale di Caserta, lo trovai finalmente, quel caro e simpatico Cozzo — quel prototipo della brillante gioventù palermitana — oggi vispa, audace, valorosa come lo fu alcuni secoli fa, quando esterminava sino all’ultimo i boriosi antenati dei moderni Chauvins. — Cozzo, che vedevo raramente in tempi ordinari, ma che m’appariva sempre nei giorni di battaglie, ove maggiore era il pericolo, e vi assicuro che quell’aspetto suo, d’una risoluzione ferrea e calma nello stesso tempo, mi era di buon augurio.

Anche Cozzo baciai coll’affetto di padre, ed a lui diressi alcune poche parole di conforto, senza speranza nella mia coscienza..... Su quell’angelico volto, la morte aveva già scolpito l’impronta della terribile sua falce! Egli mi sorrise, con un sorriso..... ch’io porterò impresso nel mio cuore tutta la vita! Era sorriso d’affetto. — Cozzo sa-