Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
capitolo lvii | 339 |
vaglie, bestiame, ecc., che avesse potuto servire ai perduti, vi fu nascosto con cura particolare.
Tutti gli uomini validi, poi, diretti dal comandante del battaglione di fanteria e da varii ufficiali del genio, venuti pure dall’esercito borbonico, organizzaronsi indietro d’Isernia verso Taliverna, Venafro ed i monti che costeggiano la strada a settentrione. Tale sistema di difesa ed offesa era degno d’una causa migliore. E si intende che monsignor Corvo volle mantenersi al comando supremo dell’esercito della fede. Ed era veramente fede ciò che portava sui campi della morte tutta quella massa d’infelici concittadini, poichè, se fossero stati guidati dalla ragione, essi avrebbero capito che servivano chi li ingannava e li vendeva, mentre pugnavano per l’esterminio dei valorosi campioni della loro causa, cioè quella degli oppressi!
Nullo, da quell’esimio capo che era, concepì tutto il pericolo della situazione; ma trovò nello stesso tempo nell’intimo dell’anima sua tutta la energia che tale critica posizione richiedeva. — Molti davano per motivo dell’abbandono d’Isernia lo spavento cagionato dai nostri alla popolazione; ma egli non ingannossi, e, senza manifestare il suo criterio, si attenne alla conseguenza che qualche stratagemma fosse meditato dal nemico, oppure che si fosse trincerato in forti posizioni sulla strada che si doveva percorrere; e così era veramente.
Il più terribile della situazione dei militi della